Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
Attraverso il giornalismo d’inchiesta e l’indagine sociale e politca, Francesco Rosi (sostenuto in sede di sceneggiatura da Tonino Guerra) semina dubbi, ricerca indizi con puntigliosa meticolosità, batte molte strade per cercare di cavare un barlume di verità da una delle vicende più complesse e misteriose del dopoguerra italiano (a tal proposito è più che convincente la scena siciliana in cui tutti si rifiutano di imbarcarsi sull’aereo assieme a Mattei – “a me queste diavolerie che volano non mi danno sicurezza”, afferma addirittura un notabile siciliano).
Ben conscio che non si possa capire il fatto ultimo se decontestualizzato da quel che accadde prima, Rosi va all’origine, esamina l’ascesa irresistibile dell’ingegner Mattei, lo segue nella sua scalata al raggiungimento di un benessere collettivo, non si lascia affascinare da una figura comunque non indifferente (ma nel ritratto di questo ex capo partigiano, oppositore dei poteri forti – pur essendolo lui stesso –, vicino ai lavoratori e alle loro esigenze, un po’ ministro-ombra degli esteri, c’è anche una sottile vena, oserei dire, epica) e si limita a constatare su ciò che possiede (poco, se andiamo a vedere bene, nonostante le molte inchieste – Rosi si serve esplicitamente di quella di Mauro De Mauro, poi fatto scomparire nel 1970 in Sicilia (la mafia?)).
Colpo nello stomaco all’epoca della sua uscita, oggi vale molto non solo come documento analitico e politico di profonda razionalità, ma anche come attento, lucido e civile giallo sociale. La struttura messa in piedi è più che robusta (c’è, specie nella seconda parte, mediante i colloqui con il giornalista una sorta di intervista che spiega assai bene la personalità del protagonista), tutto è organizzato con minuziosa passione (non solo fiction, ma anche interventi veri come quelli di Ferruccio Parri, Furio Colombo e dello stesso Rosi, che si improvvisa detective), ma se il film può ritenersi davvero riuscito è anche per merito della potente interpretazione del maestoso Gian Maria Volonté, talmente Mattei da essere più vero del reale (e un po’, nell’immaginario collettivo, un po’ come Lucky Luciano, l’iconografia matteiana è roba sua).
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