Regia di Alberto Lattuada vedi scheda film
Nella Russia della post Rivoluzione d'ottobre, che segnò il crosso dell'Impero russo e la nascita della Repubblica Sovietica, per le strade cittadine afflitte da freddo e fame, un cane randagio si affanna a trovare qualche mezzo di sostentamento, venendo costantemente cacciato a malo modo da tutti.
Ecco però, che nella sua strada senza meta, codesto cane pensante incrocia il suo destino con un anziano medico, che pare ostentare modi affabili e un interesse inconsueto nei suoi confronti. Non senza diffidenza, la bestiola lo seguirà fino nel suo laboratorio. Si trasformerà in poco tempo da randagio a cane di classe, lavato e pettinato, ma il suo destino sarà soprattutto legato ai particolari e assai poco eticamente scrupolosi esperimenti che l'anziano dottore sta conducendo assieme ad un medico suo assistente, volti dapprima a trapiantare organi animali su persone al fine di far ottenere loro rimedi contro la vecchiaia, ed arrivando fino a trasformare il cagnone ex randagio in una sorta di essere umano, da rieducare secondo le più comuni e in lui completamente avulse regole sociali, e trasformando il trentenne pazzerello ed avvezzo al turpiloquio, in un essere umano tendente alla normalità.
Sullo sfondo, l'atteggiamento di disprezzo del professore senza scrupoli nei confronti di un popolo che cerca di riguadagnare dignità, tentando di mettere in atto quelle regole di ridistribuzione sociale che vedrebbero costringere i pochi ricchi a spartire il loro surplus con i molti poveri ed indigenti.
Dall'omonimo romanzo di Michail Afanas'evic Bulgakov, Alberto Lattuada, assieme a Mario Gallo, adattano una storia di una forzata riabilitazione che è soprattutto il presupposto per concedersi un colorito e sarcastico affondo su una umanità fredda e senza scrupoli, che predica il tutti uguali di concezione bolscevica, ma in cui solo i furbi e i maliziosi finiscono per accentrare inevitabilmente su di loro gli agi e le ricchezze invece negati agli onesti e ai puri di principi.
Ne deriva un film curioso, coproduzione italo-tedesca che procede con una narrazione un po' disomogenea, partendo con un incipit brillante ed ironico, per trasformarsi in un dramma storico a sfondo horror, per tornare ai toni della commedia sarcastica a forte sfondo sociale grazie alla presenza di un esagitato, pertinente Cochi Ponzoni, nei panni dell'ex cane umanizzato con l'inganno e la prevaricazione.
Nei panni del protagonista, un tronfio, gigionesco inquietante "padre eterno" del male Max von Sydow, molto adatto al ruolo, coadiuvato dal nevrastenico dottor Bormental reso con adeguata presenza scenica dal corpulento Mario Adorf, mentre la ingenua e servizievole cameriera-infermiera Zina è interpretata da una allora poco più che debuttante Eleonora Giorgi.
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