Regia di Michael Spierig, Peter Spierig vedi scheda film
Con il progredire dell’età, aumentano le esperienze e con esse i rimpianti che diventano parte integrante del singolo vissuto, peggio ancora, dei traumi passati possono degenerare, senza che vi sia alcun modo di cancellarli. Talvolta, il fato ci mette lo zampino concedendo l’occasione - magari nemmeno richiesta, se non addirittura volontariamente schivata - di chiudere un paragrafo della propria storia, ma la sfida non può che prendere il via in salita.
Inserita all’interno di un film horror, quest’ultima condizione è inevitabilmente ancora più marcata, creando presupposti consoni a demarcare connotazioni perturbanti, favorevoli alla suggestione, che però La vedova Winchester sfrutta solo parzialmente in chiave paura, riprendendo una discreta gamma di topoi del genere e agganciandosi ad altri aspetti senza sfogarli a pieno regime.
San Francisco, aprile 1906. Eric Prince (Jason Clarke), un dottore in piena crisi personale immerso in un turbine di alcol e droghe, è assunto al fine di valutare la sanità di mentale di Sarah Winchester (Helen Mirren).
Arrivato nella sua sconfinata magione, costituita da circa cinquecento stanze e in continua trasformazione, Eric comincia ad avere visioni inquietanti, mentre Sarah gli racconta la sua verità, frantumando certezze consolidate, fino a risvegliare un doloroso passato.
In La vedova Winchester ritroviamo parecchi cardini del cinema horror, che lasciano intendere potenzialità per lo più inespresse, una rimasticazione che contempla un’abitazione modello labirinto, con, ad esempio, scale che conducono in un vicolo cieco e porte sbarrate per impedire l’accesso a determinati locali, quelle che sembrano essere superstizioni, poi destinate a trasformarsi in qualcosa di tangibile, e fantasmi che coabitano con i vivi.
Prima ancora, il soprannaturale è scatenato da sensi di colpa e demoni interiori mai realmente sopiti, con l’ospite – il dottor Prince – chiamato in causa personalmente e un tema sostanziale, riguardante le armi da fuoco e la scia di morte che producono, con conseguenti strascichi dolorosi, un discorso pienamente allacciato all’attualità.
Tuttavia, questo spunto – significativo ed evidenziato con costanza – si scontra con deleteri vizi di forma. Intanto, lo sviluppo richiede troppe parole a condimento per rendere partecipi della disgrazia, mentre la composizione psicologica rimane per lo più abbozzata.
Inoltre, gli jumpscare sono sporadici e abitudinali, sacrificati all’altare di una messa in scena superiore all’horror medio che siamo stati abituati a vedere negli ultimi anni, per quanto gli spazi suggeriscano potenzialità maggiori, con angoli ripresi ripetitivamente, a volte anche in maniera inutile, come accade con le panoramiche esterne dall’alto che introducono buona parte dei cambi di scena.
Rispetto agli standard del genere, l’ambizione di questa produzione è sottolineata anche dalla presenza di due interpreti protagonisti, solitamente sugli scudi, che in questa congiuntura finiscono con l’essere mal in arnese. La grandiosa Helen Mirren cerca di infondere credibilità ma la sua rimane solo una prova di mestiere che non può innalzare la qualità del prodotto, Jason Clarke incespica, sideralmente lontano dall’asciuttezza delle sue interpretazioni più affermate (Zero dark thirty, Apes revolution e il recente Mudbound), e Sarah Snook è forzatamente obbligata a esporre la medesima espressione, di straniato sconforto.
Complice anche una sceneggiatura balbettante, soprattutto quando arriva a unire tutti i suoi puntini, La vedova Winchester è la tipica occasione mancata, che promette bene per poi realizzare profitti circoscritti, un altro mezzo passo falso per Michael e Peter Spierig, in ulteriore fase di allontanamento dalla loro produzione migliore (Predestination), sempre più accomodati sul comodo appeal, come avvenuto nella recente riesumazione di una saga di grande successo qual è Saw (Saw: Legacy).
Complessivamente anche dignitoso, ma troppo pasticciato, vanesio e avventato per essere accolto con soddisfazione.
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