Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Non si era mai visto al cinema uno spottone tanto lungo della Pubblicità Progresso. Ai giovani habitué della movida notturna la visione del film manda un messaggio chiaro: bevete, bevete, perché poi ci pensa la strada a farvi cappottare e a lasciarvi tetraplegici e incazzati con la vita e col mondo. Visto così, il film di Gus Van Sant, eterna promessa mai mantenuta del cinema a stelle e strisce, ha anche un senso. Altrimenti, hai voglia a dire che sì, Van Sant trasforma il biopic, che non segue percorsi registici consueti e via arrampicandosi su specchi saponati. Già, perché di biopic si tratta, giacché il film racconta la storia di John Callahan, acceso cultore della cirrosi epatica che, negli anni Settanta, passa le serate tra festini e fiumi di alcol. Finché non arriva quella fatale in cui si schianta contro un palo a 150 chilometri all'ora insieme a un suo occasionale compagno di bevute, interpretato da un Jack Black che, nelle due sole scene a disposizione, dà un vero saggio di recitazione. Da lì gli ospedali, la fisioterapia, la sedia a rotelle, ma anche il flirt con una volontaria dell'ospedale (Mara) e la vocazione per il fumetto declinato su un registro da umorismo nero, che lo portò a essere una delle matite più note e corrosive degli States.
Van Sant mette a durissima prova lo stato di veglia dello spettatore con raffiche di sedute degli Alcolisti Anonimi, presiedute da un santone gay (Hill), che sono la copia carbone di quanto già visto in altre decine di pellicole. Il buono del film lo fanno le animazioni che prendono vita dalle vignette satiriche di Callahan e la solita performance maiuscola del protagonista, messo a servizio di un film incapace di appassionare.
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