Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Prima di diventare celebre come controverso vignettista, John Callahan era alcolizzato da Guinness (battuta in omaggio al suo black humour politicamente scorretto). Rimasto tetraplegico a causa di un incidente in macchina avuto dopo una sbronza galattica, entra in terapia di gruppo, seguito da Donnie, maestro psico-spirituale a metà strada tra un filosofo cinese e il dottor Maguire interpretato nel film Will Hunting dal compianto Robin Williams (a cui nei titoli di coda il regista rivolge un sentito ringraziamento speciale).
Dall’autobiografia del personaggio, Van Sant ricava una sceneggiatura che schiva abilmente il pietismo ricattatorio da caso umano, concentrandosi piuttosto sugli sforzi del futuro disegnatore per accettare un irreversibile status di vita, senza privarsi del piacere (un disabile prova ancora desiderio). Lo sconforto non cede il passo (eh eh) all’autocommiserazione gratuita, che viene stigmatizzata dai compagni di cura durante le riunioni per l’analisi dell’origine della sua dipendenza dall’alcol (ambiente emotivo segnato dall’assenza della figura materna).
Nuovamente chiamato a incarnare una persona realmente esistita (Johnny Cash in Walk the line), Joaquin Phoenix regala al pubblico l’ennesima grande prestazione senza scadere nell’over-acting (rischio che ruoli simili comportano spesso). Jonah Hill – la “guida” – e Jack Black (Dexter, il beone responsabile dell’invalidità del fumettista) dimostrano la loro duttilità – benché il secondo abbia meno spazio in scena (sorte che lo accomuna a Rooney Mara e Udo Kier).
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