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Il terzo omicidio

Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film

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La recensione su Il terzo omicidio

di supadany
8 stelle

Venezia 74 – Concorso ufficiale.

Quando un autore di prima fascia sceglie di mettersi in gioco, è sempre un buon punto di partenza.

Con The third murder, Hirokazu Koreeda abbandona il tema della famiglia che ha permeato le sue opere più titolate (Father and son, Nessuno sa, Little sister), addentrandosi in una partitura ben più complessa, che si dipana principalmente tra dramma e thriller.

Questo almeno per quel che riguarda il frontespizio, poiché il regista giapponese non si accontenta di indottrinare le più collaudate dinamiche da legal thriller con uomini allo scatafascio, arricchendo la matassa di considerazioni mirate su più fronti e alcune invenzioni visive che intagliano meravigliosamente un’impronta generale impostata sul rigore.

Shigemori (Masaharu Fukuyama) è un avvocato di successo chiamato ad assumere la difesa di Misumi (Koji Yakusho), reo confesso di un omicidio.

Nelle intenzioni della difesa, l’obiettivo consiste nell’evitare la pena capitale, ma durante i confronti con l’imputato emergono sempre nuove incongruenze, che portano Shigemori a compiere ulteriori approfondimenti.

L’impegno profuso spinge ad accarezzare l’idea di un’incredibile innocenza, ma comporta anche dei rischi concreti per Misumi.

 

Koji Yakusho

The Third Murder (2017): Koji Yakusho

 

Di legal thriller è pieno il mondo del grande, così come del piccolo, schermo, con pazzi criminali pronti a inventarsi le storie più assurde, i falsi colpevoli messi alla gogna e gli avvocati con in testa solo la vittoria in aula, determinati a scalare le posizioni della categoria.

Fortunatamente, Hirokazu Koreeda non insegue alcun piano precostituito e comincia a sguinzagliare orme, tra contraddizioni, novità ed elementi tutti da decifrare, incanalate su varie direzioni, partendo da un maestoso incipit. Si parla di un tratto fondamentale, che dà al pubblico una certezza assoluta che ai personaggi fa difetto, con a seguire una dissolvenza magnifica, attuata sotto le note di un main theme musicale ripreso successivamente più volte e che trasporta con lo spirito in Giappone, ricorrendo a uno spartito tanto orecchiabile quanto funzionale alla cattura dell’attenzione.

Una volta stabiliti i primi paletti, The third murder comincia a disseminare pulci nelle orecchie, identifica un assassino che continua a cambiare le sue dichiarazioni solo perché spronato da sollecitazioni di segno opposto e allarga il raggio d’azione a macchia d’olio, tracciando un cerchio concentrico in espansione, tale da inglobare le famiglie di vittima e carnefice, oltre quella del protagonista.

Rientra così fattivamente in gioco anche il cardine del miglior cinema di Hirokazu Koreeda, con legami più forti di tutto o, in alternativa, ancora da cementificare, e incroci pericolosi, seguiti da movimenti tellurici che modificano i piani d’azione e domande inquietanti sullo stato dell’arte della giustizia.

A qualcuno interessa ancora sapere la verità?

La risposta implicita è no, perché ogni posizione coinvolta persegue il suo tornaconto, fino ad arrivare alla massima delle cariche, quella del giudice che per tutelare la propria reputazione non accetta mai di sforare i tempi indicati, procedendo all’occorrenza senza l’approfondimento dovuto. In stretta correlazione, segue un discorso che interpola la pena di morte con l’ammissibilità dell’uccisione di un uomo; in entrambi i casi, l’osservazione morale non guarda di certo positivamente la realtà attuale, direzionata su canali che funzionano come la globalizzazione insegna, cioè con storture evidenti (quasi) ovunque, improntate sul profitto.

Per il resto, The third murder applica un rigore estremo nella composizione delle immagini, al punto tale da poterlo far apparire come troppo composto, per poi incastonare un numero limitato di variazioni su esterni, di una bellezza tale da togliere il fiato, come un’escursione sulla neve che si conclude con il ritratto a tre utilizzato sulla locandina ufficiale.

 

scena

The Third Murder (2017): scena

 

Infine, l’opera chiude ogni discorso con un ragguardevole vezzo estetico, un colloquio a due che dal classico campo/controcampo sfocia in un virtuosistico meccanismo di dissolvenze in slittamento non sincronizzato. È una scelta poderosa, indicata per sigillare un’opera che mette in moto ragionamenti e considerazioni impossibili da immaginare anticipatamente, se non a livello basico, inducendo uno spiazzamento percettivo inconsueto e offrendo chiavi di lettura talmente distanti tra loro da poter generare le riflessioni più difformi.  

E a questo obiettivo di primaria importanza, creare discussioni è il sale della vita, arrivano solo i grandi autori, categoria cui Hirokazu Koreeda appartiene già da tempo.

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