Regia di Thierry de Peretti vedi scheda film
Per approcciare questo bel film del francese o, meglio, corso, Thierry de Peretti, sarebbe necessaria una buona conoscenza della storia sociale e politica della Corsica e dei suoi movimenti armati per l'indipendenza dell'isola. Avendone io una conoscenza superficiale, ho faticato il giusto per calarmi nell'atmosfera di "Una Vita Violenta", opera numero tre di un regista che si sta costruendo un'ottima reputazione. La storia è raccontata dagli occhi di Stéphane, giovane corso, che sul finire degli anni novanta si dà alla clandestinità, aggregandosi a un piccolo nucleo di combattenti. Il regista è bravissimo nel mostrarci l'evoluzione ideologica del ragazzo e nel raccontarci cosa rappresenti la Corsica per chi ci vive, dove si è quasi perennamente esposti alla violenza. Insieme a tutto questo, ecco il processo di disgregazione degli ideali di base della lotta, disgregazione incarnata dalla criminalità organizzata, dalla "mafia corsica", che finirà (con il tacito consenso di Parigi) per infiltrare l'isola e uccidere i sogni, e le vite, dei ragazzi come Stéphane. Un racconto duro e articolato, molto parlato, almeno nella prima parte che si chiarifica nella seconda, quando le cose prendono un'altra piega. Un omaggio, come dice Peretti, ai giovani che hanno perso la vita per scelte che ritenevano giuste, subendo eventi molto più grandi di loro. Un film militante, se si vuole, ma di ampio respiro, emozionante e sincero, con quella filigrana di ferro e acciaio che solo certi film francesi hanno. Recitato benissimo. Molto buono.
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