Regia di Emir Ezwan vedi scheda film
Il cerchio si chiude. Il denaro esce e rientra nelle stesse mani.
Circolarità. Il film inizia dove finisce, perché il giro è sempre lo stesso: il denaro passa di mano in mano, nessuno guadagna, nessuno perde, i conti si pareggiano, e la storia non è avanzata di un solo millimetro. Un’idea buona soltanto per l’ennesimo virtuosismo dell’unico piano sequenza, in un circuito senza emozioni, in cui il desiderio di avere è variamente articolato, ma, in fondo, non riserva nessuna sorpresa. Forse è questo il quadro corretto di una società che non ha nulla da offrire, se non le sue scontate disparità economiche, che lasciano il tempo che trovano, poiché non riescono nemmeno più a creare tensione. Modernità, per alcuni, è indifferenza. È documentaristica serenità. È sguardo che osserva senza indagare. Che curiosa senza malizia. Che riferisce senza denunciare. Probabilmente basta a se stesso, con il suo pensiero incentrato su un’arte che si dissipa pigramente nel vezzo indistinto dell’attualità. Questo cortometraggio malese ci restituisce una visione tiepida di come va il mondo, con un gusto del gioco un po’ troppo disincantato e supino alle regole. Si potrebbe essere più arrabbiati e ribelli. Scoprendo, magari, che la banalità non è il vero male della vita. Perché è solo il colpevole difetto nell’occhio di chi assiste e subito si stanca.
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