Regia di Chloé Zhao vedi scheda film
Un film pregno di poetico sconforto, aspetto che prende visivamente corpo in numerosi passaggi del film. Uno tra tutti, la sequenza attorno al fuoco, un momento idilliaco che è puro e sublime cinema. “The Rider” poi, con cognizione astuta e mai ricattatoria, ci mostra l’assurdità retrostante simili ambizioni, l’idiozia di vite rovinate per nulla, per uno scopo futile che non è gloria né (vero e proprio) successo, ma solo un sogno acerbo.
Dietro però a pregi innegabili c’è anche e soprattutto un film che a tratti pare furbamente concepito per penetrare il mercato dei festival e – più in generale – del cinema indipendente. L’opera di Chloé Zhao infatti, dalla metà circa in poi, si scopre tristemente a-narrativa, un non-racconto pregno di mestizia, puro lamento dolente incapace di farsi preghiera o invocazione.
Forte di una fotografia sublime e di un protagonista in stato di grazia, “The Rider” non manca di fascino, denota alcuni passaggi visivamente seducenti e riesce perfettamente a calarsi nell’anima e nello spirito di un territorio, dei suoi umori e del suo lifestyle. Forse il suo problema è proprio questo: la volontà evidente di spostare lo sguardo dall’intimo all’universale, dall’uomo al territorio (leggi “Paese”) che detta le (influisce sulle) sue ambizioni, il suo stile di vita e i suoi limiti, ma l’incapacità (o la mancata volontà) di compiere tale passaggio.
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