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A Ciambra

Regia di Jonas Carpignano vedi scheda film

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La recensione su A Ciambra

di champagne1
8 stelle

Una volta stavamo sulla strada. Eravamo liberi, senza padroni. Noi siamo soli contro il mondo.

A Ciambra è la sede della comunità Rom di Gioia Tauro. Due-tre palazzine che sembrano collocate all'interno di una discarica, ricche di bambini fin troppo svegli e qualche ragazzina in odore di sviluppo adolescenziale, dove i minori si adultizzano precocemente nei comportamenti stereotipati dei grandi (il fumo, il vino, il gioco a carte) e ragazze appena ventenni assumono le sembianze di vecchie matrone alla vigilia del climaterio. Una struttura gerarchico-familiare di tipo piramidale, con ancora il nonno incartapecorito in cima, poi il padre e così via, e rigide divisioni dei compiti: le donne in casa a cucinare e a fare figli, i maschi a lavorare.

Pio è l'ultimogenito di vari fratelli, ad una età che si può essere zii di un nipote quasi coetaneo. Morde il freno, ha voglia di dimostrare di non essere più un bambino, così si mette in proprio (approfittando dell'arresto di tutti i maschi maggiorenni della famiglia) gestendo piccoli furti, mini-estorsioni, sottraendo un'auto ai Carabinieri ("tanto non mi possono arrestare"), senza mai raggiungere alcuna considerazione da parte dei familiari.

L'unica persona che lo considera è un ragazzo del Burkina-Fasu, lavoratore in regola che non ha voglia né di andare in galera né di tornare nella terra di origine: si prende cura di Pio, lo conforta e lo protegge in varie occasioni.

 

Ma Pio deve dimostrare di essere diventato grande per davvero: e in quel contesto non gli basterà eseguire l'ennesimo furto; dovrà compiere un reale gesto da uomo...

 

Dopo una spettacolare panoramica dell'Appennino Calabrese che per un attimo richiama atri e più esotici paesaggi, comincia una narrazione basata sulla commistione sempre sul filo di lana, tra documentario e fiction, grazie a labili inquadrature e un montaggio apparentemente inesistente. I dialoghi sono in una lingua incomprensibile che richiede i sottotitoli, le facce senza un apparente trucco fanno sembrare tutto spontaneo, ma il copione è ben evidente. 

In una narrazione amoralistica si svolge piuttosto il racconto della iniziazione di Pio, un pre-adolescente che vuol fare il duro, ma che in realtà è impaurito di tante cose: dagli ascensori, ai treni, alle ragazze.

E' la storia della sua iniziazione: una iniziazione che passa attraverso il rinnegamento del sentimento di fraterna amicizia piuttosto che dal sesso a pagamento con le meretrici del luogo assoldate dal fratello, e che alla fine si porta dietro lo stesso sapore amaro della scoperta che Babbo Natale non esiste.

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