Regia di Jonas Carpignano vedi scheda film
Senza trionfalismi dunkirkiani o levate di scudi arnofskyane Carpignano mette in scena il film più autentico dell’anno.
Il premio Label Europa della rassegna Quinzaine des Realisateurs e la successiva candidatura all’Oscar come miglior film straniero accendono i riflettori su un’opera che immerge lo spettatore in una realtà complicata come quella dei rom nel sud della Calabria senza però pretese didattiche o afflati moralistici ma semplicemente servendosi di cinema puro, distillato in due ore di racconto nelle quali mai si è sfiorati dalla tentazione di schierarsi o cercare di capire quale sia il messaggio perché il messaggio è la realtà stessa con le sue controverse e apparentemente inspiegabili contraddizioni. Pio è un giovane adulto che vive a Ciambra una comunità rom di Gioia Tauro nella quale le uniche regole da rispettare sono prettamente gerarchiche e la lotta per la sopravvivenza è tale anche in virtù della sensazione di accerchiamento perenne che gli zingari sentono proiettata su di loro; non è un caso se il nonno di Pio lo avverte che sono “soli contro il mondo” guardando con nostalgia ai tempi in cui erano nomadi e questa condizione gli permetteva di “non rendere conto a nessuno”. Pio però in questa realtà ci vive ma non ne accetta i pregiudizi, si sente uomo e da uomo si prende sulle spalle la famiglia quando sia il padre che il fratello vengono arrestati e questa crescita che precoce, prima solo ostentata con sigarette e giri in motorino, diventa conclamata portando con sé la sua ambivalenza ineliminabile. Un film che racconta anche l’amicizia con un immigrato del Burkina Faso che fa della ricettazione di elettrodomestici la sua fonte di sostentamento e che introduce Pio nella comunità nera di Gioia Tauro aprendo irrimediabilmente i suoi orizzonti fino alla lacerante “scelta” finale. Pio non sarà più lo stesso. E noi?
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