Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film
VENEZIA 74 - CONCORSO - LEONE D'ORO
Nell'America dei timori da Guerra Fredda, ad inizio anni '60, una timida donna delle pulizie di nome Elisa, afflitta da mutismo ma perfettamente utente, è adibita a far ordine assieme all'opulenta collega Zelda, ad un laboratorio di Stato ove si eseguono esperimenti nell'ambito dei programmi governativi inerenti i più segreti progetti spaziali.
Per caso la donna scoprirà che dentro una enorme vasca è custodito un inquietante essere anfibio che gli studiosi stanno sottoponendo a test dolorosi, incuranti delle sofferenze che procurano all'essere misterioso.
Tra i due sconosciuti, legati tuttavia da una misteriosa empatia e da una affinità di linguaggio inerente la gestualità che caratterizza il modo di esprimersi di tutti e due, e con l'acqua come elemento favorevole ad entrambi, scopriranno di essere compatibili non solo come amici, ma anche fisicamente e sentimentalmente. La timida sguattera addetta ai cessi e il mostro della laguna.
Guillermo Del Toro non smentisce la sua passione per le scenografie barocche e sovraccariche - davvero magnifiche - e ci racconta una favola d'amore struggente e venata di horror- vintage che sarebbe piaciuta e poteva rientrare nelle corde pure di colleghi come Tim Burton e Terry Gilliam (che comunque ne avrebbero fatto, com'è ovvio, altre cose).
Del Toro non si accontenta di restare sui protagonisti, dichiarando per l'occasione il suo amore sconfinato per la celluloide, per il vecchio cinema - Elisa abita sopra una sala cinematografica e quando il mostro fugge lei lo ritrova incantato a guardare in una sala vuota un peplum che gli provoca emozioni forti e incanto estetico - ma trova tempo e spazio per tratteggiare altri tre personaggi straordinari: la collega Zelda (una Octavia Spencer sempre più trascinante) già nominata, sagace ed ironica nel suo sentenziare; il cattivissimo di turno, che trova nel truce e dalle dita marcescenti Michael Shannon, il suo più perfetto rappresentante. Ed ultimo, ma non ultimo, lo stupefacente artista vicino di casa di Elisa, omosessuale complesso da vecchiaia e calvizie incipiente, a cui un meraviglioso (come è consuetudine) Richard Jenkins dà volto, testa semicalva e soprattutto cuore.
Ma è Sally Hawkins la protagonista assoluta, donnino minuto e apparentemente fragile come la Mia Farrow alleniana de La Rosa Purpurea, o come Amanda Plummer de La leggenda del Re Pescatore di Gilliam.
Un film, questi, che azzarda a frullare molti spunti narrativi, partendo da situazioni già prestabilite e rischiose (il mostro è già in laboratorio) e giocando molto bene la carta del sentimento, della passione che sboccia prepotente, per una vicenda d'amore letteralmente senza confini di razza o specie vivente, in cui la regia in stato di grazia si concede qualche miracolo visivo in cui l'acqua, come promesso nel titolo, gioca il suo ruolo salvifico e rigeneratore.
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