Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film
Guillermo Del Toro realizza con “La forma dell’acqua” il suo personale omaggio al mito della Bella e la Bestia all’interno di un’opera che è tutta un tripudio di citazioni cinefile. E’ una fiaba dark che strizza l’occhio al fantasy di Tim Burton (le scenografie dell’inquietante laboratorio scientifico dove lavora Elisa mi hanno ricordato molto quelle di “La fabbrica di cioccolato”), ma dove si ritrova intatto anche l’universo del regista messicano, di cui finora ho visto solo “Il labirinto del fauno” parecchi anni fa, ma che merita di essere approfondito per l’indiscutibile bravura a livello tecnico e la coerenza tematica e stilistica di cui fornisce ulteriore conferma questo “The shape of water”. Il film è molto bello da guardare, con una fotografia spesso sensazionale negli accostamenti cromatici che può ricordare sia Tim Burton, sia “Il favoloso mondo di Amelie”; la regia di Del Toro è generalmente efficace nel dispensare invenzioni visive che riconciliano con la magia evocativa del cinema fantastico degli anni 40/50, di cui ci sono tantissime citazioni, fra cui la più evidente quella della creatura anfibia ripresa pari pari da “Il mostro della laguna nera”. Il merito principale è quello di riuscire a creare un poetico elogio della diversità, emotivamente vibrante e molto sentito nonostante il rischio del deja vu, e questo nonostante ci sia qualche svolta della trama non proprio convincente come il complotto delle spie russe, inserito nel plot un po’ a fatica. Fra gli attori un elogio senza riserve soprattutto a Sally Hawkins, perfetta e misurata in una performance (quasi) completamente muta, a Michael Shannon che interpreta il suo solito ruolo di cattivo con accenti espressivi a mio parere rinnovati rispetto a precedenti interpretazioni; a Richard Jenkins che sa emozionare il pubblico in alcuni momenti chiave; leggermente al di sotto di questo standard le prove di Octavia Spencer e Michael Stuhlbarg. Il Leone d’Oro assegnato a Venezia ci può stare, anche se personalmente ho preferito “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”: i due film si ritrovano adesso in gara per gli Oscar, e sono curioso di vedere chi prenderà i premi più pesanti. In ogni caso, Del Toro ha vinto la sua personale scommessa di un cinema fantasy che sa coniugare passione civile e rigore estetico con risultati spesso ammalianti.
Voto 8/10
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