Regia di Bradley Cooper vedi scheda film
Scrivere di “A Star Is Born”, esordio alla regia di Bradley Cooper risalente al 2018, significa scrivere di un successo: standing ovation alla 75esima Mostra del Cinema di Venezia, entusiastici pareri da parte della stampa, un Oscar, un Golden Globe, un premio BAFTA, e incassi superiori ai 400 milioni di dollari. I due protagonisti, ossa il già citato Cooper e l’arcinota Lady Gaga, ricavarono enorme popolarità dalla pellicola: il grande pubblico li acclamò sino a renderli per qualche tempo alcuni tra i volti più ricorrenti sulle pagine dei giornali di gossip.
Il film si presenta come la quarta versione di un classico del cinema hollywoodiano del 1937, “È nata una stella”, all’epoca diretto da William Wellman. Nel 1954 fu ripreso da John Cukor ed ebbe come protagonista femminile Judy Garland; nel 1976, invece, fu la volta di Frank Pierson alla regia e di Barbra Streisand nelle vesti di protagonista femminile. Tra la prima e la quarta versione, della trama poco è cambiato. Lui è una star acclamata, ma ormai sulla strada del tramonto. Lei, invece, è giovane e sconosciuta, ma talentuosa. I due si innamorano. Lui aiuta lei consentendole di guadagnare fama e successo. Lei aiuta lui, che nel frattempo sprofonda rovinosamente nell’alcol. Infine, lui si sacrifica per lei in un atto d’estremo amore. In sostanza, una trama drammatica e sentimentale dalla sempiterna efficacia.
La rilevanza culturale di un’operazione quale il tradurre, ossia elaborare versioni, è incontestabile: sia sufficiente in tal senso l’insieme di considerazioni espresse dal grande classicista Maurizio Bettini nell’apprezzato saggio “Vertere”. Meno rilevante, invece, è quanto ha realizzato Bradley Cooper. “A Star Is Born”, infatti, è un film che, al di là delle belle canzoni, del pregevole sonoro e di alcune valide interpretazioni (si considerino sia quelle di Cooper e Lady Gaga sia quella, secondaria, di Sam Elliott), scorre dinanzi allo sguardo dello spettatore in maniera piuttosto insipida. Pur avendo aggiornato la storia ai tempi attuali, Cooper compie scelte registiche alquanto anonime: il film si sviluppa sì senza intoppi, ma non sorprende mai. Anzi: in alcune sequenze il sentimentalismo legato alla storia si fa vagamente stucchevole. Altri aspetti della pellicola, come il montaggio e la fotografia, assolvono i propri compiti e niente più: si limitano a garantire una patina di mediocre gradevolezza all’insieme. Persino la storia posta al centro dell’opera non pare rivitalizzata da pensate perspicaci o idee incisive: brilla soltanto del suo valore strutturale, che la prudente regia di Cooper preserva con alcune attente scelte.
Che cos’è, ad summam, “A Star Is Born”? Un prodotto degnamente confezionato, ma forse troppo orientato alla ricerca del successo commerciale e del consenso generale. Eccettuata la manifesta qualità della componente musicale, pare ben arduo considerare il film come un’opera indimenticabile. Niente più e niente meno che un musical contemporaneo benedetto dalla sua aurea mediocritas.
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