Regia di Kwang-Hyun Park vedi scheda film
Far East Film Festival 19 – Udine.
Fabricated city assomiglia pericolosamente al prototipo del cinema americano più tracotante. Di quest’ultimo non si fa mancare quasi nulla, compresa una certa reticenza narrativa, per di più mascherata da un’ingente profusione di colpi di scena che, così facendo, rischiano di annullarsi vicendevolmente.
Nella vita reale, Kwon Yoo (Chang-wook Ji) è un perfetto signor nessuno mentre nella realtà virtuale dei videogame online è un asso, sempre pronto a soccorrere i colleghi in difficoltà. La sua routine non sembra poter avere intralci, fin quando finisce incastrato per un omicidio. Processato e incarcerato in tempi stretti, troverà proprio negli amici online di sempre, tra i quali spicca Yeo-Wool (Shim Eun-Kyung), l’aiuto necessario per capire cosa sia successo, chi lo ha incastrato e quindi scagionarsi.
Kwang-Hyun Park costruisce un action movie con inclinazioni da thriller, talmente frenetico da risultare frastornante, nemmeno fosse il più spregiudicato dei 3d.
Detto questo, non tutto viene per nuocere, anche se prima o dopo bisogna tirare le somme e il risultato non debba essere per forza di cose soddisfacente.
Intanto, ha la capacità, o se preferite un istinto incauto, di sintetizzare qualsiasi aspetto gli capiti a tiro. Così facendo, sorpassa a tutta velocità il brutale caso giudiziario e si sofferma a tempo determinato sulla prigionia, con uomini trattati come carne da macello, evitando di cascare con entrambe le scarpe nella trappola di generi battuti e castranti.
I sopracitati modi di agire sono però anche indizio di una rapidità di esecuzione che alla lunga sortisce effetti mortiferi. Lo svolgimento diventa saturo al punto di sovraccaricarsi e procede alla velocità della luce, aggirando alcuni ostacoli logici senza porsi troppi quesiti, più interessato a vivacizzare il congegno invece di annaffiarlo di precisione.
Se non altro, alcune sfumature sopraggiungono dall’universo geek e da una manciata di incursioni ironiche ma poi la vetrina spetta inesorabilmente alla voglia di stupire, ad esempio con inseguimenti à la Fast and Furious, ormai inflazionati nella loro costante, e sempre più eccessiva, riproposizione.
Alla fine, Fabricated city corre il rischio dell’effetto assuefazione o, in alternativa, di produrre stordimento, con questioni di fondo che trovano solo parziale risoluzione, per cui viene chiesto se sia giusto punire anche un innocente nel momento che quest’ingiustizia consenta al sistema di incastrare dieci colpevoli.
Infine, fanno veramente male i videogiochi violenti? Non saprei cosa rispondere per quanto concerne le persone, ma visti i risultati medi, al cinema sicuramente sì.
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