Regia di Soo-youn Lee vedi scheda film
Blueberad è un film sud-coreano del 2017, scritto e diretto dalla regista Lee Soo-youn. Il film è stato presentato al Far East Film Festival di Udine del 2017.
Sinossi: Seung Hoon (Choo Jin-wong) è un dottore che lavora in una zona periferica e rurale vicino la città di Gaunnam; un giorno durante una consueta colonscopia un anziano paziente sotto l'effetto della anestesia rivela al nostro dottore macabri dettagli riguardanti un omicidio. Per il seung Hoon inizia un labirintico viaggio verso l'inferno...
Bluebeard segna il ritorno dietro la macchina da presa di una delle regista più estrose del moderno cinema contemporaneo, già in grado nel 2004 di sorprendere e spaventare mezzo mondo con l'acclamatissimo The Uninvited; Lee Soo Youn con questo film si riconferma essere un grande talento, proponendo interessanti tecniche di riprese e racconto.
L'incipit del film risulta subito molto accattivamente. La regista apre il tutto attraverso diverse panoramiche che ci mostrano un viadotto autostradale in cui in profondità emerge il centro cittadino; l'atmosfera che si respira è abbastanza anomala, la modernità è sullo sfondo e l'attenzione è focalizzata su una zona quasi morta, poche macchine e zero rumore.
Dalle panoramiche si passa a lenti movimenti di macchina che ci trasportano sulla riva del fiume Han dove è possibile identificare un particolare incredibilmente macabro: un corpo senza testa.
Lee Soo Youn è stata in grado di realizzare uno psicothriller a tinte horror molto teso nonstante un ritmo volutamente instabile, dove sogno e realtà si amalgamano alla perfezione rendendo impossibile, sia per noi spettatori sia per il protagonista distinguere ciò che sia vero da ciò che non lo è.
La regista inoltre per "complicare" e rendere più interessante la vicenda, inserisce ottimi plot-twists (colpi di scena) con la precisa funzione di raccontare una possibile verità.
L'angoscia e la turbe psichica del protagonista è messo in scena magistralmente, con una regia molto ricca composta da campi lunghi con macchina da presa fissa, primi piani su particolari raccapriccanti oppure long take con steadicam in soggetiva in spazi angusti, per di più al climax di determinate sequenze corrispondono scelte stilistiche di matrice hitchcockiana, a tal punto da richiamare il celeberrimo effetto vertigo del maestro britannico.
«La prima volta è dura ma quando cominci è diffiicile fermarsi».
Come già accennato in precedenza risulta molto intrigante anche la modalità di racconto, nello specifico nella parte finale troviamo due metodi in grado di mescolare nuovamente le carte in tavola:
-Ricostruire una possibile verità tramite flashback, raccontati dai diretti interessati.
-Mostrarci l'effettiva verità tramite riprese di videosorveglianza.
Lee Soo Youn oltre ad aver realizzato un thriller "cinematograficamente" di qualità sembra voler porre alll'attenzione di noi spettatori, attraverso precise scelte di regia e racconto, una serie di questioni spinose e contemporanee a partrire dalla reale complessità delle malattie mentali, riflettendo su possiible cause (crisi familiari, abusi di farmaci, situazioni economiche instabili) ed evoluzioni.
Sul versante critiche, l'unica cosa che mi sento di sottolienare è la durata del film (117 minuti), forse si poteva accorciare di qualche minuto ma la volontà della regista era quella di proporre una versione dei fatti mai definitiva, trasmettendo un continiuo senso di incertezza nello spettatore e da questo punto di vista è riuscita perfettamente nel suo intento.
Bluebeard da vedere assolutamente, sperando arrivi in home video nel nostro mercato.
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