Regia di Ryuichi Hiroki vedi scheda film
Far East Film Festival 19 – Udine.
Qualsiasi tono venga utilizzato, quando un’opera si prende la briga di descrivere un rapporto fuori dagli schemi, tanto più se considerato anche scomodo, trasmette automaticamente un singolare senso di curiosità. Per (sacrosanto) contrappasso, quando lungo lo sviluppo vengono completamente stravolte le carte in tavola finendo in tutt’altri lidi e riducendosi al più mite e patinato degli approdi, diventa automaticamente troppo tardi anche per richiedere un salvataggio tempestivo e la barca non può far altro che affondare.
Questa disavventura accade - nella peggiore delle forme - a Policeman and me che da una premessa ardimentosa, finisce avvinghiato a un teen movie di una banalità scoraggiante.
Conosciutisi a una festa riservata ai single, Kako Motoya (Tao Tsuchiya) e Kota Sagano (Kazuya Kamenashi) s’innamorano. L’unico ostacolo, per quanto non di poco conto, è riconducibile all’età di lei, appena sedicenne, e al lavoro di lui, un poliziotto ligio al dovere.
Inevitabilmente, ci saranno degli ostacoli da superare, non solo legati allo stupore di parenti, amici e colleghi per un rapporto così insolito, ma anche per le disavventure di un loro coetaneo.
Il regista Hiroki Ryuichi parte da un manga per ragazze che, come tale, è rivolto prima di tutto verso chi è smanioso del grande amore, ovviamente di natura adolescenziale, dato che la summa dei suoi effetti pratici non va oltre un bacio stampato sulla bocca, mentre quanto può capitare attorno ai due protagonisti è solo un contorno insipido, senza sapore.
Certo che le premesse sembravano essere ben altre: automaticamente una coppia così mal assortita per età, posizione sociale e abitudini va contro la logica, lambendo i territori del surreale. Una strada vivace ma abbandonata anzitempo, con la delicatezza dell’impossibile e lo stupore collettivo obbligati a lasciare libera la visuale a un dannoso senso del ridicolo, ovviamente involontario.
Un effetto controproducente prodotto anche dalla superficialità con la quale è trattato, peraltro su tempistiche interminabili e sfiancanti, il problema che rende il giovane disadattato Heisuke Okami (Mahiro Takasugi), meritevole di esposto per evidente superficialità descrittiva, un’inutile retta parallela rispetto al centro gravitazionale della coppia, inaccettabile già solo per la quasi nulla congruità dell’azione.
Per di più, è un danno che dilata oltremisura il tempo - due ore per questo materiale rischiano di essere irritanti – contribuendo alla dissipazione di forze fresche per adagiarsi sui buoni sentimenti e un discorso morale di portata minuscola.
Ne consegue un disastro quasi completo, che getta alle ortiche la stuzzicante idea di partenza, come fosse stato improvvisamente colpito da un potente sedativo che conduce su una strada priva di coordinate recepibili a un pubblico di maggiorenni, partendo dai teneri baci sulla bocca aspettando le labbra altrui con gli occhi sbarrati.
Una voce fuori dal coro che fa una clamorosa retromarcia, steccando tutte le note possibili.
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