Regia di Kenji Yamauchi vedi scheda film
Far East Film Festival 19 – Udine.
At the terrance è una commedia sofisticata, che il regista nipponico Yamauchi Kenji costruisce scegliendo delle regole ferree da porre alla base del suo componimento, rimanendo loro fedele fino all’ultima nota, senza per questo accantonare la velleità di apporre sempre qualche variazione aggiuntiva, che gli consenta di tenere il vento in poppa e, se possibile, dare ancora qualche ulteriore sterzata.
Una festa sta volgendo al termine, quando sulla terrazza dello stabile si accende una discussione per futili motivi tra Mrs. Kazumi (Kei Ishibashi) e la giovane Haruko (Kami Hiraiwa). Fanno parte della contesa anche i relativi mariti, così come due ulteriori malcapitati, ma gli uomini non faranno altro che contribuire ad accendere ulteriori focolai di tensione, finendo per lo più male in arnese, al cospetto delle due donne, a momenti letteralmente intrattabili e dominanti.
Giusto il tempo di lasciare una breve ribalta al silenzio, come se si trattasse di voler fare decantare un buon vino prima di gustarlo, che Yamauchi Kenji toglie il tappo dettando tutte le linee necessarie per dar vita a un film brillante ed evoluto.
Sceglie un’unità di luogo, la terrazza del titolo, e una di tempo, una seconda serata dopo una festa di cui nulla di particolare emerge, allestisce un folto gruppo di personaggi, con due protagoniste assolute e gli altri - gli uomini - pronti a dar manforte per rigenerare continuamente la scena, il più delle volte senza farci una gran figura.
Quello che nasce è un dispositivo sofisticato, solcato da una moltitudine di equivoci, tra scambi di persona, operazioni che compromettono per sempre il fisico e soprattutto una fatidica domanda: sono più belle le braccia di Mrs. Kazumi o quelle di Haruko?
Da un quesito apparentemente sciocco, ma quando si confrontano a viso aperto due donne è sempre meglio pensare a ogni possibilità, prende il largo un jeu de massacre che si prende cura di tirare in ballo diversi vizi sociali senza mai perdere in spirito propositivo.
Così, si scoprono le anime schiave della bellezza, vengono affrontate le avversità della vita, salgono a galla desideri tenuti nascosti o anche fatti già avvenuti ma taciuti, mantenendo una soluzione prettamente acida, tra bicchieri di liquore e l’impossibilità da parte dei personaggi di trovare qualche spunto costruttivo, per lo meno che duri per più di cinque minuti.
Per il resto, Yamauchi Kenji non perde mai il sorriso ma nemmeno abbandona le stilettate dirette e precise, proponendo per le sue pedine un percorso destinato a peggiorare, qualora non proprio a crollare, con mimiche facciali sapientemente esasperate, soprattutto per quanto concerne gli uomini, due attrici – Kei Ishibashi e Kami Hiraiwa - assolutamente sul pezzo e, per finire, pure una gay phase, ultimo tassello per mandare sapientemente, e una volta di più, tutto all’aria all’insegna dell’ironia più invettiva (anche se i folli titoli di coda meriterebbero un capitolo a parte).
Sveglio e loquace, donne vs uomini finisce tanto a poco, anche se pure loro quando si mettono d’impegno potrebbero riuscire a smuovere mari e monti pur di portare l’acqua al proprio mulino.
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