Regia di Herman Yau vedi scheda film
Far East Film Festival 19 – Udine.
Ai ritmi cui siamo abituati oggi, non riuscire a dormire diventa uno scoglio troppo pesante da sopportare. Allo stesso modo, tutto rientra semplicemente nelle leggi della natura e uno studio con il fine di annullare la necessità del riposo notturno, con relativo tempo guadagnato per alimentare consumi e piaceri, sarebbe tanto affascinante quanto azzardato.
Da questo sogno impiantato nel reale, indagando su trascorsi storici così feroci da far odiare il genere umano per il suo istinto distruttivo, Herman Yau sfoga ossessioni recondite approdando nel lato più oscuro dell’animo. Di ieri, di oggi, probabilmente di sempre.
Lam (Anthony Wong) è un illustre studioso che si occupa dei disturbi del sonno, alla ricerca di soluzioni scientifiche per ovviare alla mancanza di un congruo riposo. Per la fama maturata negli anni, una donna disperata si rivolge a lui, preoccupata per il futuro che la attende, sulla base di quanto già accaduto ai suoi famigliari, alla lunga impazziti non riuscendo più a chiudere occhio.
Nella fattispecie, si parla di un male ereditario che ha un’origine tale da rendere inefficace un approccio tradizionale.
The sleep curse è un film estremo, non solo per la violenza che sfocia con un’irruenza da guinness dei primati (lo dicono in fase di presentazione, attendiamo a lungo e poi arriva in tutta la sua brutalità), quanto per il suo tragitto, lento come un fiume in attesa della piena che lo farà tracimare.
Ancora una volta, l’origine di ogni male risiede nella Storia. Nella Seconda Guerra mondiale, per noi europei il male è impersonificato dai tedeschi, mentre per i cinesi sono i giapponesi, protagonisti di un’invasione che ha procurato tante vittime, ma morire non è il primo dei mali quando (soprav)vivere può voler significare subire violenze inenarrabili.
Da questo periodo storico, è innescato un incubo reale con ripercussioni semplicemente originate dal male più terreno, cui risponde una punizione senza appello. Il radicamento è spietato, i dettagli spremono il subconscio, con occhi azzurri iniettati di sangue e colpe trasmesse alle generazioni successive, ignare e incolpevoli, proprio come le vittime di allora.
Dettato lo spunto, il meccanismo diventa incontrovertibile, tra ossessioni, magia nera, allucinazioni e possessioni, un delirio che può portare solo alla follia.
Proprio così Herman Yau chiude il cerchio, con un’escursione gore fulminante, materiale talmente sanguinoso e frontale per cui ogni preparazione in materia non può bastare a proteggersi dall’orrore, una chiusura organica al racconto, di suo non sempre conciso ma comunque spronato dell’esigenza di fornire un significato tangibile.
Se ci riuscite, dormite sonni sereni finché potete, nella speranza che i vostri antenati non si siano macchiati di colpe tramandabili a voi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta