Regia di Herman Yau vedi scheda film
The Sleep Curse è un film di Hong Kong del 2017, diretto dal veterano Herman Yau; presentato al Far East Film Festival 20° nella sua verisone originale quindi la cosiddetta Director Cut mentre nelle sale hongkonghesi ,si presume causa censura, è stato proiettato in una versione leggermente più corta.
Sinossi: Il Dottore, esperto di Neuroscienza, Lam Sik (Antony Wong) è convinto fortemente di aver trovato un metodo per evitare di dormire e quindi guardagnare tempo prezioso da dedicare allo svago oppure ad attività produttive; un giorno si fa viva una sua ex-fiamma, tale Manique Yau (Jojo Goh). La giovane è affetta da un disrtubo sonno ereditario e chiede aiuto al noto dottore, per entrambi si farà vivo un triste, macabro e mai dimenticato passato....la scienza potrà sconfiggere una maledizione????
Con qusto film la coppia Herman Yau/Antony Wong chiudono un'atipica trilogia horror iniziata nel 1993 con lo storico The Untold Story e proseguita nel 1996 con Ebola Syndrome.
Film classificati CAT III, ossia vietati ad un pubblico di età inferiroe ai 18 anni; per i meno navigati il CAT III è una tipicità Hongkonghese che ha spopolato durante gli anni 80/90, si tratta di film estremamente violenti e folli girati in maniera professionale, quindi non sono prodotti underground (qui oltre alla duo già citato, troviamo Gordom Lam: stella indiscussa dello star system locale.)
The Sleep Curse è un horror molto interessante soprattutto per quanto riguarda la sua stessa struttura narrativa e filmica; inizia (prologo) come mockumentary dove attraverso una telecamera normalissima (imamgini sgranate) ci viene mostrato il compleanno di un uomo qualunque, le riprese tuttavia non si limitano solo a quell'evento bensì si focalizzano anche su situazioni abbastanza inquietanti: il signore soffre di un grave distrubo del sonno.
Subito dopo il prologo viene presentto il protagonista, il dottor Lam Sik; molto significativo il suo ingresso in scena: Lam è disteso sul letto in posizione decentrata, ripreso con una plonge in un evidente stato confusionale.
Lam Sak è un dottore della facoltà di medicina dell'università Hong Kong, questa parte del film prende quasi la forma di un trattato sul distrurbo del sonno, il lavoro Yau e del suo staff è molto minuzioso, Lam Sik durante una lezione parla in maniera abbastanza approfondita del REM (movimento oculare rapido).
Come evidenziato in sinossi l'incontro tra Lam Sik ed una sua vecchia fiamma darà veramente il via al film e noi spetattori, attraverso un lunghissimo flashback, verremo catapultati nell'Hong Kong occupata dai Giapponesi dove conosceremo il padre del protagonista (sempre interpretato da Antony Wong).
In questa fase Yau si scaglia contro l'occupazione imperialista nipponica, mostrandoci degli episodi gravi e barbari, pensiamo al "Centro Conforto", luogo in cui ragazze del posto venivano rapite, drogate e violentate dai soldati Giapponesi.
Yau è bravo a non focalizzarsi solo ed esclusivamente sulla critica anti-giapponese ma ci mostra come in condizioni davvero estreme anche l'uomo più buono è costretto a scendere a dei compromessi.
Il film esploderà letteralmente nel finale, in un bagno di sangue folle e disurbante che ricorda i vecchi CAT III ormai spariti dalle sale locali e non (ricordo che dal 1997 Hong Kong non è più una colonia britannica).
A livello di performance Antony Wong come sempre si dimostra un attore eccelso in un doppio ruolo per lui consueto; i suoi personaggi non sono mai statici ma sempre in evoluzione, pronti a cambiare radicalmente in un secondo (così a caldo vi cito il doppio ruolo in The Mission del maestro Johnnie To: parruchiere fashion e spietato killer).
Molto valida anche la regia, a tratti estremamente elegante (ad esempio vari campi totali con lenti movimenti di macchina e carrellate) ma un po' come la prova di Wong mai fissa su un registro bensì mutevole e sconvolgente.
Yau, nel finale, non ha paura di mostrarci sequenze efferate come mutilazioni genitali, decapitazioni e cannibalismo.
Unica pecca è l'utilizzo del jumpscare, certo Yau ha un grandissimo merito nel centellinare questa partilcare tecnica ma quelle poche volte non fa paura ed è abbastanza prevedibile, comunque sono quisquiglie e non incidono sulla valutazione finale.
Mentre per quanto riguarda la questione "maledizione", nulla di nuovo ma qui è solamente un pretesto che serve al regista per ritornare ad un genere che lo ha consacrato oltre a focalizzarsi sulla storia di Hong Kong; come già evidenziato in altre recensioni del regista, Yau è uno degli ultimi cantori di Hong Kong, moltoaffezionato alla sua città e alle sue tradizioni.
Infine come sempre complimenti al Far East film festival che ogni anno delizia noi amanti del cinema asiatico portando sul suolo italico, anche se per pochi giorni, un certo cinema che altrimenti non avremmo mai visto...
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