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Soul Mate

Regia di Derek Tsang vedi scheda film

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La recensione su Soul Mate

di supadany
5 stelle

Far East Film Festival 19 – Udine.

«Niente dura per sempre».

Lo scorrere del tempo mette alla prova anche i rapporti più robusti. Le persone cambiano, gli scenari evolvono su viatici obbligatoriamente diversi, tanto più in una nazione come la Cina, estesa come un continente e in costante evoluzione.

Prendendo in mano una web story cinese, il figlio d’arte Derek Tsang – suo padre è niente meno che Eric Tsang – esordisce alla regia mettendo insieme il sole e la luna, raccontando un’amicizia al femminile distesa lungo un ventennio.

I poli opposti tendono ad attrarsi tra loro. Nasce così l’amicizia tra July (Ma Sichun) e Ansen (Zhou Dongyu), due bambine che, crescendo, mantengono nel primo caso prudenza, raziocinio e stabilità, nell’altro uno spirito libero, scarsamente propenso al rispetto delle regole, e votato all’avventura. In mezzo a loro s’inserisce Jiaoming (Toby Lee), il fidanzato di July, il loro rapporto non può più essere fisicamente continuativo, ma il futuro presenterà ancora occasioni per affrontare insieme nuove, e delicate, prove.

 

scena

Soul Mate (2016): scena

 

Sotto l’egida produttiva di Peter Chan e con una sceneggiatura curata a otto mani, Soul mate copre le stagioni della vita di due donne sotto l’architrave dell’amicizia, tra gioie e dolori, quelle scelte che diventano inevitabili anche sapendo i rischi che comportano, abituandosi di conseguenza anche a ciò che può essere spiacevole, cambiando il modo di pensare, d’altronde non si può correre per sempre, ogni tanto bisogna fermarsi.

Consequenzialmente, felicità e lacrime condividono lo scenario, seguendo la crescita con nuove esigenze e responsabilità, passando quindi da un riquadro sostanzialmente spensierato a delle prove impervie che portano nei territori della commozione.

Un obiettivo raggiunto con qualche malizia di troppo e riassunti spericolati, una carrellata sulle comunicazioni a distanza sembra interminabile, guardando soprattutto al romanzo rosa, a quel pubblico femminile che ama la leggerezza, facilmente rintracciabile in un’amicizia totalizzante, ma se poi può far ricorso anche al fazzoletto, allora è due volte accontentato.

Allo stesso tempo, così come una delle due protagoniste scrive una lunga e appassionata lettera sdraiata nel letto, Soul mate sembra un film fin troppo studiato a tavolino, che sceglie di combinare troppi addii e ritorni, le onte degli abbandoni e gli scambi di ruolo, i crolli che ognuno subisce a modo suo e quelle premure che inducono il buon umore.

Detto questo, solo un cuore di pietra può rimanere impassibile di fronte agli sviluppi che il finale inocula con una certa dose di prepotenza ma, oltre alla sensazione di una premeditazione di lungo corso, Soul mate pecca in raffinatezza, al contrario delle due protagoniste che mettono in campo anima e corpo, soprattutto Zhou Dongyu, che dimostra di avere una marcia in più.

Alla fine, il piatto è servito come da sinossi: immancabile per chi predilige essere travolto dalle emozioni, assolutamente accantonabile per chi vorrebbe arrivarci attraverso un percorso netto, che alla costruzione preferisce la naturalezza più incontaminata.

Più appariscente che sostanzioso.

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