Regia di Kantemir Balagov vedi scheda film
La vita grama di una famiglia ebraica cecena, che non riesce mai veramente a sistemarsi e a mettere radici.
“Strettezza” o “Ristrettezza” significa il titolo di questo film in smaccato digitale, che neppure cerca di nascondere di essere tale. Tutta l'angosciosa vicenda si dipana tra interni scuri e angusti, e pochissimi esterni tirati via (e spesso di notte). Ho sentito chiaramente un senso di claustrofobia e di oppressione per quasi tutto il film, credo voluto dal regista (a giudicare dal titolo). Solo verso la fine vi è qualche inquadratura ampia di esterni diurni, che mi hanno fatto tirare un sospiro di sollievo. Quanto a questa angustia, se da una parte riconosco il suo significato metaforico e opprimente che ben si abbina alla vicenda, dall'altra protesto che il cinema è, secondo me, innanzitutto mostrare, e questo film mostra assai poco per circa tre quarti.
Un'altra perplessità è costituita dal fatto che quasi sempre i personaggi parlano sottovoce o a mezza voce, elemento che mi è sembrato una piccola forzatura.
Precisato questo, è certamente un'opera che sa incidere e impressionare, pur mostrando sottotono anche i momenti più drammatici. Ben fatto, a questo proposito,il rapimento, e il successivo appuntamento con i rapitori. Il ritratto di un regione (la Cecenia) dilaniata da una delle guerre più cruente degli ultimi decenni, dove tutto è precario e dove la povertà serpeggia tra la popolazione, mordendo però in modo particolare certuni, e non altri. Quanto alla guerra stessa, il regista ha voluto inserire delle sequenze reali, spaventose e insostenibili, dove dei prigionieri di guerra vengono sgozzati. anche se non è molto chiaro chi siano le vittime e chi i carnefici. Francamente credo che queste sequenze ci potessero venire risparmiate.
Nella comunità ebraica rappresentata convivono solidarietà reale e solidarietà pelosa da strozzini, oltre che certe costumanze ingiuste, come quella dei matrimoni combinati dai genitori. Questi oscillano tra l'osservanza delle tradizioni e l'evidenza che alcune (come il matrimonio “economico”) sono spesso incompatibili con l'amore per i figli e il rispetto della persona; queste considerazioni sembrano farsi strada a fatica dentro di essi ed infine a prevalere, benché in modo stentato. In fin dei conti, l'amore e l'umanità sembrano avere ragione sul calcolo.
Il personaggio della ragazza, angolosa sia nel volto che nel carattere, è in certi momenti estremo e sopra le righe, come nell'episodio della discoteca. Alla fine rimane, però, incerta tra ribellione eccessiva e discutibile condiscendenza.
Un film da vedere, ma ruvido, soffocante, e in un paio di sequenze violentissimo.
PS; davvero non capisco perché i distributori non abbiano voluto tradurre il titolo, privandone così un buon numero di spettatori.
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