Regia di Kantemir Balagov vedi scheda film
CANNES 2017 - UN CERTAIN REGARD ; 35 TFF - FESTA MOBILE ; CINEMA OLTRECONFINE - LE PRINTEMPS DU CINEMA
Nalchik, regione nord del Caucaso, anno 1998: Ilana è una 24enne dai modi piuttosto mascolini, che aiuta il padre meccanico nella officina di famiglia. Durante la notte che ha fatto seguito alla allegra festa di fidanzamento del fratello minore della ragazza, quest'ultimo e la ragazza vengono rapiti in nome di un'appartenenza di entrambe le famiglie alla comunità ebraica.
La richiesta di riscatto non tarda ad arrivare, a suffragare la ragione di quel gesto violento.
L'ansia, il tormento interiore che getta l'episodio in famiglia, si traduce nel tentativo forsennato della ragazza, la più impegnata tra tutti, di trovare la somma richiesta addentro la sua comunità, che si scringe in cerchio attorno a quel ricatto, intuisce che pagando non si farà che perpetrare in futuro la possibilità di altri episodi, ma in qualche modo si sente in dovere di intervenire all'urgenza nel modo più naturale: piegandosi al ricatto.
E se da una parte assistiamo alla determinazione di una comunità a risolvere al suo interno problematiche anche gravi e spinose come un sequestro, dall'altro viviamo la vicenda con lo stress nervoso della ragazza che si sente ad un tratto abbandonata da tutti, anche dai propri genitori, nella per lei naturale forsennata ricerca di liberarsi di tutto, purché di liberare i due sequestrati.
L'abile regia del regista nemmeno trentenne Kantemir Balagov, allievo dotato e assai promettente di Sokurov, ci soprende con un'opera prima incalzante e pessimista, ove la disgrazia trova solo la determinazione dell'individuo più giovane ed apparentemente indifeso, per poter temere di essere spazzata via; il resto sono solo atteggiamenti di circostanza, che portano ad una muta accettazione di un dolore e di una perdita considerati tutto attorno, in mezzo alla comunità, come una disgrazia eventuale da tenere in considerazione e a cui prepararsi, quasi potendola giustificare o della quale potersene fare una ragione.
Solo Ilana (interpretata da una determinata Darya Zhovner, sguardo incisivo, interrogativo, smarrito ma tutt'altro che arrendevole) saprà manifestare il meritato dissenso e la propria forsennata opposizione ad una rassegnata accettazione che pare trovi albergo in ogni individuo di quella minoranza perseguitata ed offesa.
Un esordio flgorante, quello di Balagov, che ricorda quello altrettanto rimarcabile, e se vogliamo ancor più sconvolgente, di Làszlò Nemes, e che come quest'ultimo avrebbe meritato di essere coraggiosamente inserito direttamente tra i film del Concorso.
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