Se esiste un tratto comune in certo cinema prodotto nei territori appartenenti all’ex blocco sovietico è la lucidità riscontrata nel mettere in scena la realtà del proprio paese. Che si tratti di prendersela con i fantasmi del recente passato, oppure ci si limiti a considerare quelli tutt'ora in circolazione, ciò che sorprende in questi film è il modo con il quale viene colto e poi messo in scena il Zeitgeist, il cosiddetto spirito del tempo, ogni volta tratteggiato con una tragicità dalla quale non esiste rimedio. A tale caratteristica “Directions. Tutto in una notte a Sofia” del bulgaro Stephan Comandarev ne associa altre che fanno parte del DNA dei titoli provenienti da questa parte d’europa, e che per esempio, riguardano la peculiarità di una messinscena come sempre cruda e disadorna, e come al solito avulsa dagli espedienti di drammatizzazione forniti dall’accompagnamento musicale, a cui solitamente si fa ricorso per aumentare il coinvolgimento dello spettatore. E, ancora, secondo l’esempio dell’ultima cinematografia rumena, provvista di una trama ridotta all’essenziale, quanto basta per introdurre una categoria di personaggi rappresentativi dell’intero ecumene sociale. Così, se nel recente “Sieranevada” era il pranzo di famiglia a favorire la formazione di un consesso quanto mai emblematico, anche in “Directions” è la predominanza dell’unità spazio temporale - fornita dalle corse di una compagnia di taxi effettuate nel medesimo arco notturno - a fornire lo spunto per portare sullo schermo un contesto altrettanto esemplare.
Alla pari dei connazionali Ralitza Petrova - vincitrice a Locarno 2016 con “Godless” - e di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, autori del recente “Glory- non c’è tempo per gli onesti”, Comandarev punta il dito sulla rapacità sociale e sul degrado morale senza riferimenti espliciti alle colpe del regime comunista (invece considerati nei film di Mungiu e Puiu), ma facendosi bastare la dilagante corruzione che devasta la classe dirigente dell’odierna Bulgaria. Senza salvare nessuno, neanche Dio, chiamato in causa dal singolare comportamento del suo rappresentante nella sequenza che conclude la storia, “Directions” non si fa scrupoli nel mostrare la costanza di una prevaricazione applicata ad oltranza e senza esclusione di colpi. Così facendo, pur in presenza di una frammentarietà narrativa che in qualche passaggio declassa i fatti ad aneddoto, nel complesso il film di Comandarev rende al meglio il darwinismo sociale che regola i rapporti tra le persone, grazie all’apporto di interpreti che sembrano vivere in prima persona le situazioni dei personaggi. Passato in anteprima al Festival di Cannes 2017 nella sezione Un Certain Regard, “Directions” conferma i passi in avanti di una cinematografia in netta crescita.
(icinemaniaci.blogspot.it)
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