Regia di Léonor Serraille vedi scheda film
Significativi sono i primi momenti di Jeune Femme, quelli in cui a essere rappresentata non è Paula, la protagonista della storia, bensì il suo stato d’animo. In preda a una crisi di nervi per essere stata mollata dal compagno e alle prese con le cure necessarie a riparare i danni di uno sfogo finito all’ospedale, la protagonista fatica a restare dentro l’inquadratura, per l’incapacità di quest’ultima di contenerne la debordante fisicità. Prima di affondare la macchina da presa dentro la storia della ragazza e sulle cause che hanno determinato la fine della relazione, la regista Léonor Séraille si mantiene sulla superficie degli eventi e sul corpo ferito e insofferente dell’attrice Laetitia Dosch, chiamata a immedesimarsi nei dolori della giovane protagonista. Ed è proprio nel rapporto esistente tra il vuoto emotivo confessato da Paula e la pienezza di segno del suo inarrestabile movimento a trasferire sullo schermo l’energia sprigionata dalla personalità della protagonista. La quale, onnipresente e marcata stretta dall’occhio della regista, mette in scena il proprio lutto facendo di Parigi la mappa di una caccia al tesoro, il cui premio finale consiste nella riconquista dell’equilibrio perduto.
Da questo punto di vista, la ricognizione del paesaggio urbano da parte de Jeune Femme trasfigura la città, facendo del disordinato girovagare di Paula e dei suoi inconcludenti incontri il riflesso del caos che scuote l’interiorità della donna. Così, pur senza raggiungere lo stesso livello d’astrazione, appare evidente come la Seraille organizzi la narrazione secondo quella deriva tipica della Nouvelle vague, nella quale l’andare a zonzo dei personaggi diventa il modo per esprimerne la condizione esistenziale. Certo, rispetto ai film dei giovani turchi quello della Seraille è figlio di una sceneggiatura più scritta e meno libera, come pure di una visione del mondo in cui lo smarrimento della protagonista e il suo perdersi nel non sense del quotidiano non è una dichiarazione d’anarchia nei confronti delle regole quanto un modo per rientrare a farvi parte. Eccessivo come la sua protagonista anche per un minutaggio che nuoce sulla premesse di leggerezza attribuite al film, Jeune Femme è nei toni meno leggero di quanto vuol far credere. Vincitore della camera d’or all’ultima edizione del festival di Cannes, Jeune Femme è soprattutto l’occasione per verificare le capacità interpretative della Dosch, attrice in ascesa di cui sentiremo ancora ancora parlare.
(pubblicata su taxidrivers.it)
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