Trama
Il giovane immigrato Aryan viene ferito mentre attraversa illegalmente il confine. Terrorizzato e in stato di shock, inizia misteriosamente a levitare a comando. Gettato in un campo di profughi, susciterà l'attenzione del dottor Stern, un medico intenzionato a sfruttare al meglio il suo straordinario segreto.
Approfondimento
UNA LUNA CHIAMATA EUROPA: FEDE E CRISI NELL'EUROPA CONTEMPORANEA
Diretto da Kornél Mundruczó e sceneggiato da Kata Wéber, Una luna chiamata Europa racconta la storia del giovane Aryan che, sebbene ferito, terrificato e sconvolto, scopre di poter misteriosamente levitare a comando. Finito in un campo profughi dopo aver cercato di oltrepassare il confine, si ritrova a stringere un'alleanza di comodo con il cinico dottor Stern, che ha intenzione di sfruttare per il suo tornaconto il suo straordinario potere. Inseguiti da Laszlo, l'indignato direttore del campo, i fuggitivi rimangono in fuga in cerca di sicurezza e denaro. Ispirato dalle strabilianti attività di Aryan, Stern si muoverà in un mondo in cui i miracoli vengono smerciati in cambio di poco.
Con la direzione della fotografia di Marcell Rév, le scenografie di Márton Ágh, i costumi di Sabine Greunig e le musiche di Jed Kurzel, Una luna chiamata Europa viene così descritto dal regista in occasione della partecipazione in concorso al Festival di Cannes 2017: "Una delle lune del pianeta Giove, scoperta da Galileo, si chiama Europa. Era importante per me considerare questo film come una storia europea, una ambientata in un'Europa sempre più in crisi, situazione che interessa anche la mia Ungheria. Allo stesso tempo, volevo realizzare un'opera in grado di dare un senso alla fantascienza contemporanea. Sono un fan del genere e, come è evidente anche nelle mie opere precedenti come White God - Sinfonia per Hagen, mi piace giocare con l'idea dell'alieno, del diverso. Stabilire chi è l'alieno è sempre e solo una questione di punti di vista. Giove, come pianeta, è abbastanza distante da giustificare dubbi e quesiti sulla fede, sui miracoli e sull'essere differenti.
Non riesco a stabilire quanto la mia storia parli del presente o del futuro. Per me, sfortunatamente, il futuro non esiste più. Non ho voluto fare un film sui rifugiati ma ho ho voluto usare la crisi contemporanea come contesto utile a ripensare al concetto di miracolo. In un primo momento, la sceneggiatura prevedeva che tutto fosse ambientato nel futuro ma la mancanza di finanziamenti mi ha costretto a riportare ogni cosa al presente. Non è però un film sulla politica, argomento che ritengo poco interessante. Potrebbe semmai esserlo sui rifugiati e sui campi profughi, che ho avuto modo di vedere da molto vicino.
L'idea che il protagonista sappia volare viene dal mio libro preferito d'infanzia, il romanzo Ariel di Alexander Belyaev il cui protagonista era un bambino con la straordinaria capacità di alzarsi in volo. Immaginando un essere umano con poteri sovrumani, ho dovuto soffermarmi sui contrasti e sulle tensioni che vi si creano intorno e sulle domande sulla fede, che inevitabilmente pone. Mi sono allora concentrato sulla cosiddetta fede universale che, oltrepassando la fede relativa dettata da una data cultura e da una data epoca storica, può avere un impatto maggiore su tutti. Il personaggio di Aryan è come la manifestazione di una figura ultraterrena nel corpo di un rifugiato, una sorta di angelo. A fargli da contraltare è un medico disilluso, che ha perso ogni speranza e fede e che crede oramai nel solo dio denaro".
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Commenti (4) vedi tutti
Bel film onirico, ambientato in un'Ungheria corrotta e decadente. Mi è piaciuta molto la regia, specie come hanno reso le scene di volo.
commento di RtyxhkgChe pasticciaccio,che palle,bastava tagliarlo di una mezz'oretta e ci si divertiva.Il profugo che vola….ma dai….siamo seri.Consigliato per chi ceca qualcosa di diverso.
commento di ezioPoche emozioni in questo Film lungo e spesso soporifero.voto.2.
commento di chribio1Un esodo implacabile, una morte per ferimento che invece procura un dono miracoloso: la capacità di volare. E un medico colluso che aiuta il nostro uomo ma per continuare a lucrare indebitamente. Fascino tanto, carne al fuoco troppa per un pasticcio imbarazzante.
leggi la recensione completa di alan smithee