Regia di Babak Jalali vedi scheda film
Quel che resta di un popolo a cui nessuno più pensa, derubato di terre, tradizioni e cultura, lasciato senza risorse né speranze ai margini di un mondo opulento, torna ad essere protagonista della propria dolorosa epopea, anche se solo nello spazio di un film.
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Questa è la terra morta
Questa è la terra dei cactus
Qui le immagini di pietra
Sorgono, e qui ricevono
La supplica della mano di un morto
Sotto lo scintillìo di una stella che si va spegnendo.
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Thomas Stearns Eliot,The Hollow Men
Prairie Wolf si trova in una riserva indiana che, estrapolando dal testo che di ben altra gente parla, sembra descritta dai versi di T. Stearns Eliot.
Terra morta in tutto simile a Pine Ridge,riserva indiana nelle desolate distese del South Dakota dove nel 2016 Chloé Zhao(Oscar per Nomadland) girò Songs My Brothers Taught Me, è il posto dove Babak Jalali, regista, sceneggiatore e produttore iraniano, ha girato Land due anni dopo.
Cambiano i nomi non cambia la sostanza, ghetti d’America dove ancora si va a caccia di Indiani per scuoiarli appesi a testa in giù se qualche nativo imprudente osa girare fuori dai confini, per il resto i residenti possono stare tranquilli, dentro l’uomo bianco non va, la riserva è un luogo pericoloso.
La famiglia degli Denetclaw, appartenente alla tribù dei Lakota Sioux, vive lì.
Madre anziana ed energica, tre figli, qualche nipote, una nuora.
Il più giovane dei tre, Floyd,sta per tornare cadavere dall’Afghanistan dove un proiettile gli ha bucato la tempia e, poiché non era un’azione di guerra in senso stretto, lo Stato darà alla famiglia solo 12.000 dollari di risarcimento invece di 100.000. Trasporto ed esequie naturalmente a spese dello Stato, ma i parenti faranno arrivare il drappello con tanto di tromba fino al confine.
Poi, educatamente riavvolta e riconsegnata la bandiera a stelle e strisce, prendono la bara e faranno loro secondo i riti della tradizione.
L’ufficiale a capo della spedizione avverte il disagio di tutta la situazione, ma naturalmente lui è solo una pedina, le regole sono regole.
Land è un film che fa della lentezza la sua cifra distintiva perché non c’è vita per cui si debba correre, affannarsi, crescere.
Lento e strascicato è il passo di Wesley, il figlio alcolista, la birra bevuta per l’intera giornata davanti al locale sul confine gestito da Sally e suo figlio rallenta il movimento, diventa piscio che un cane randagio lecca, sonno in macchina quando la vecchia madre passa a riprenderlo la sera.
Il terzo figlio è Raymond, ce l’ha fatta da solo a liberarsi dall’alcool, lavora nella grande stalla piena di mucche in batteria, scarica il fieno e sembra che non abbia mai sorriso in vita sua.
E poco c’è da sorridere dove il tempo è un arido susseguirsi di giorni vuoti e lo spazio polvere e deserto, mentre la vita finisce ogni giorno tutti ammucchiati in silenzio davanti ad un televisore mangiando svogliatamente un toast.
Eppure, oltre questo silenzio, in questo procedere lento di un tempo vuoto dove è tanto se non ti rompono le ossa come succede a Wesley, petulante, fastidioso, che si permette di chiedere un’altra lattina di birra ma non ha più soldi, al di là di questa cortina di dolorosa sopportazione di un destino infame, c’è un’umanità che il pingue uomo bianco ha dimenticato da tempo e forse non ha mai avuto.
E’ l’amore di quella madre che accetta quel figlio così com’è e lo rispetta, lo accompagna ogni mattina e va a riprenderlo la sera, come un bambino, è la generosità di Raymond che piange sul giovane fratello morto, che va a dare una lezione ai due bulletti, che sa le parole giuste da dire all’ufficiale con la dignità dei poveri.
E’ un’intera famiglia che con la piccola comunità che ha intorno celebra con i suoi canti e gli antichi rituali quel giovane che era partito anni prima in cerca di un destino diverso. Quel che resta di un popolo a cui nessuno più pensa, derubato di terre, tradizioni e cultura, lasciato senza risorse né speranze ai margini di un mondo opulento, torna ad essere protagonista della propria dolorosa epopea, anche se solo nello spazio di un film.
www.paoladigiuseppe.it
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