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L'insulto

Regia di Ziad Doueiri vedi scheda film

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La recensione su L'insulto

di barabbovich
9 stelle

"Sei un cane", sentenzia un ingegnere palestinese (El Basha) che lavora in nero a Beirut, all'indirizzo di un meccanico cristiano maronita (Karam), al quale ha riparato la grondaia che butta acqua sui passanti e che, per tutta risposta, frantuma il tubo appena riparato. Il meccanico esige che l'altro si scusi e ritiri l'insulto, ma quest'ultimo nicchia e il caso, dopo un'escalation tra costole rotte e frasi come "magari Sharon vi avesse sterminati tutti", finisce in tribunale, dove i due verranno difesi su sponde opposte da un principe del foro (Salameh) e da sua figlia (Abboud), per poi diventare un caso politico nazionale sul quale dovrà intervenire persino il presidente della Repubblica.
Prendendo spunto da un episodio autobiografico, il regista libanese - che al rientro in patria dopo la presentazione del film a Venezia è stato bloccato dalla polizia - torna sulla questione palestinese (rispetto alla quale il cinema ci ha regalato opere importanti e commoventi come Private, Il giardino di limoni e Il figlio dell'altra) mostrandone tutte le contraddizioni. Un conflitto mai sopito nonostante sia terminato nell'ormai lontano 1990, pur continuando a covare nella memoria delle vecchie generazioni. Doueiri lo trasforma in un dramma giudiziario in gran parte ambientato in tribunale, un apologo sul tema del perdono nel quale entrambe le parti hanno ferite ancora aperte, tra accuse di filosionismo e i ricordi tragici dei massacri di Damur ai danni di una popolazione cristiana inerme ma anche di quelli perpetrati dalle milizie cristiane libanesi guidate da Bashir Gemayel. Se i contenuti del film provocano nello spettatore un coinvolgimento emotivamente dilaniante, la forma non è da meno: un cinema di parola dal ritmo serratissimo, servito da una squadra di attori straordinaria, tra i quali Kamel El Basha si è aggiudicato la Coppa Volpi a Venezia.

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