Regia di Alessio Maria Federici vedi scheda film
Più che un film su Maradona, il primo documentario di Alessio Maria Federici - romano e romanista che ha in curriculum commediole di infimo livello come Lezioni di cioccolato 2, Stai lontana da me, Fratelli unici, Tutte lo vogliono e Terapia di coppia per amanti - è un sapido ritratto della napoletanità. Senza mostrare una sola azione di gioco ma intervistando commercianti, pescivendoli, venditori ambulanti, trasportatori, ma anche giornalisti e professori universitari, Federici raccoglie testimonianze sull'impronta indelebile lasciata dal calciatore argentino nel periodo irripetibile durante il quale Corrado Ferlaino, con magistrale quanto infingarda operazione di mercato, nel 1984 riuscì a portarlo al Napoli, squadra dove el Pibe de oro vinse due scudetti e vari altri titoli. "Maradona è l'unico demone che ha portato Napoli in paradiso", "un napoletano nato all'estero", come sentenziano due degli intervistati, tessere di un mosaico composto con un'impressionante abilità in fase di montaggio e dal quale esce un ritratto vivissimo, a tratti persino commovente, di una città maestra nell'arte di arrangiarsi e che trent'anni dopo l'arrivo di Maradona continua imperterrita a raccontarne la leggenda, a perpetuarne il mito attraverso un racconto ininterrotto e un merchandising inesauribile, dalle sciarpe ai tatuaggi. Maradona come San Gennaro, come la pizza, come Totò: l'uomo che - dopo tanto tempo - riuscì a far sentire la gente di Napoli non più come lo sfrido d'Italia, ma come la prima della classe, regalandole una gioia sconfinata, lasciando alla città anche l'eredità di una miriade di ragazzi che, tra il 1985 e il 1992, furono tutti battezzati col nome di Diego.
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