Regia di David Leitch vedi scheda film
Avevano un bel da fare quelli della Marvel nel pensare a corbellerie in grado di superare quelle che avevano reso Deadpool uno dei prototipi dell’eroe politicamente scorretto. Nel tentativo di non ripetersi, o forse per rilanciare la scommessa narrativa, gli sceneggiatori Rhett Reese e Paul Wernick organizzano un nuovo pacchetto che prende in contropiede gli aficionados della prima ora. Capita infatti che, in un contenitore destinato a rimanere più o meno lo stesso, e nel quale il registro tragicomico fa il paio con eroi al limite del cartoonesco, a creare lo scarto è il cambio di rotta dello scombiccherato protagonista, il quale dopo il prologo strappalacrime che lo fa ripiombare nella condizione di cane sciolto si ritrova a rincorrere un desiderio di famiglia che si fa visibile sia quando si tratta di reclutare e poi supplicare a restare all’interno del sodalizio i suoi elementi più riottosi – per esempio Cable, il cyborg venuto dal futuro a cui Josh Brolin offre un’interpretazione da vero e proprio Terminator -, sia nel momento in cui tutta la trama converge sul tentativo di Deadpool e soci di salvare dagli altri (e soprattutto da se stesso) il piccolo mutante determinato a vendicarsi degli abusi subiti mettendo a ferro e fuoco la città.
Accompagnato dal solito Colosso e coadiuvato da una new entry scoppiettante e sbarazzina come Domino (la Zazie Beetz della serie Atlanta), Deadpool non rinuncia alla nota irriverenza né ai comportamenti fuori dagli schemi, ma nel secondo episodio della serie diretto dall’ex stunt men David Leitch (Atomica Bionda) a risaltare è la bontà del protagonista, disposto a mitigare gli eccessi caratteriali a favore di un incontenibile istinto paterno. Ciò non vuol dire che Deadpool 2 manchi della simpatia e del divertimento conseguente al ribaltamento di alcuni dei canoni più tipici del genere: basterebbe vedere quale sorte tocchi in palio al primo dei due super gruppi messi insieme da Deapool per capire come, neanche stavolta, si faccia a meno di smitizzare la figura del super eroe. L’impressione è però quella di un film meno eversivo e più neutrale del precedente per l’equilibrio che esiste tra l’anarchia dello scenario e il conformismo dei sentimenti che l’attraversano.
(pubblicata su taxidrivers.it)
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