Regia di Matteo Botrugno, Daniele Coluccini vedi scheda film
Marcello, Chiara, Mauro, Simona, Attilio e altri (tanto poi spariscono o li dimentichiamo)....sono i personaggi di questa storia ambientata in una prima parte all'interno di una palazzina popolare. Gente di borgata (parrebbe), con ognuno le proprie storie: Marcello un disoccupato dal fisico scolpito che si fa mantenere la famiglia da uno scrittore di successo più anziano. Mauro che inizia una attività malavitosa usando cooperative sociali come copertura, Attilio che si dà a piccoli furti per pagare i debiti con gli strozzini...e via dicendo. Niente di nuovo, niente che non si sia già raccontato e molto meglio in numerose serie televisive.
Il contagio è un film brutto con un buon cast di attori professionisti che non riescono a dare il meglio di sé, ma che sono costretti ad una recitazione da carosello, circondati da una ambientazione non credibile.
I numerosi personaggi che si alternano nella prima parte scompaiono quasi del tutto per lasciare spazio in una seconda solo alla storia di Mauro e della sua ascesa nella "mafia capitale", tutta la struttura narrativa è concepita esclusivamente per brevi scenette o sequenze più lunghe, tutte scollegare tra loro, che affaticato non poco la storia. Il film avrebbe forse la pretesa di raccontare uno spaccato sociale, il risultato rasenta quasi il ridicolo per come vengono enfatizzare le scene più drammatiche con soluzioni "autoriali" datate di almeno 35 anni.
Ma la cosa che mi ha infastidito molto è stato vedere attori e attrici professionisti bravi ridotti a recitare come figurine ritagliate: il coatto, il marchettaro, la portiera impicciona, il boss del quartiere, tutte figurine ritagliate dal catalogo della memoria collettiva, ma senza nessun tipo di sforzo interpretativo. Dialetti, parlate e tante smorfie e atteggiamenti degni delle peggiori recite amatoriali di paese.
A tratti pareva quasi la parodia di film del genere di maggior successo. Questo è l'affresco della Roma contemporanea? Davvero i registi che hanno presentato il film alla 74° Mostra di Venezia nella Giornata degli Autori hanno questa visione da fumettone delle problematiche della capitale? Davvero non si hanno altri mezzi per raccontare le vicende mafiose romane (e non...per carità) se non quelle di stereotipare fino al ridicolo certe figure che di ridicolo non hanno proprio niente.
Ma quello che mi ha fatto molto preoccupare è che dei registi giovani e volenterosi di mettersi alla prova con un soggetto così importante e intrigante, non abbiano trovato soluzioni innovative, e si siano affidati a cliché super inflazionati fino ad arrivare ad un finale degno del compito ben svolto dallo studente del laboratorio cinematografico del circolo ARCI del mio paesino.
Sono molto dispiaciuta per il mio giudizio così duro, ma ciò deriva dalla delusione provata per una occasione persa da un certo cinema nel fare un buon film. Un cinema al quale certo non mancano i mezzi ma forse solo le idee.
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