Regia di Francis Lawrence vedi scheda film
From Russia With Love 2.0, una trama pasticciata di stampo trumpiano.
Finalmente una spy story senza donne ormai ridotte ad acrobatiche macchine da guerra. Addio Salt, Lucy, Atomica bionda, mi auguro che l'epoca sia finita. Peccato che la controproposta sia una trama pasticciata di stampo trumpiano, in cui i russi abominevoli sono torturatori, pedofili, asservitori, sadici capeggati da un Joely Richardson che ha la faccia spiaccicata di Putin. La controparte statunitense? Immacolata. Persino le rispettive talpe mettono bene in chiaro chi sono i buoni e i cattivi: pronta a immolarsi per amore della libertà quella russa impersonata da Jeremy Irons (sfido chiunque a non sospettarlo, per esclusione), avida (e superbamente ubriaca) la spia dell'ovest Mary-Louise Parker. Tutto il resto è cornice patinata senza senso a partire dai segreti su floppy disc, concludendo con le motivazioni inspiegabili dei personaggi (che poi era il difetto di L'elisir della vita, sempre scritto da Justin Haythe). Capisco che lo spettatore possa farsi convincere a far ruotare l'intera esperienza cinematografica attorno all'attrice Jennifer Lawrence, ma non si spiega perchè debbano fare altrettanto i vertici del Cremlino nel film. Come se fuori da quelle 4 mura, a parte la onnipresente suddetta, potessero contare solo su scuole di puttane (future spie) e di macellai (futuri torturatori) e anche in questo caso i riferimenti bondiani sono d'antan: la tetra Rosa Klebb/Lotte Lenya e il platinato Grant/Robert Shaw, seppur pertinenti… ma siamo fermi all'epoca di Dalla Russia con amore?
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