Regia di Francis Lawrence vedi scheda film
Da un best seller internazionale intitolato molto commercialmente e senza eccessiva inventiva (forse colpa della traduzione) “Nome in codice: Diva”, di Jason Matthew, Red Sparrow riunisce per l’ennesima volta la luminosa valchiria-diva del momento Jennifer Lawrence ed il regista dei blockbuster legati alla saga Unger Games, Francis Lawrence, in un sodalizio commercialmente fortunato sino ad ora, e che li vede uniti pure nel cognome .
Tuttavia già queste premesse non erano qualitativamente (a mio avviso) delle migliori, ma la storia della prima talentuosa ballerina del Bolshoi, riconvertitasi, dopo un incidente sulla scena non proprio casuale, alla causa dello spionaggio, forte delle innegabili doti seduttive che la caratterizzano fisicamente e poi pure caratterialmente, una volta svezzata alle più segrete e riservate ragioni di stato - si dipana lungo tutto il suo infinito e pesante percorso tutto tranelli, agguati e torture perpetrati nei confronti di elementi infiltrati in Russia ed appartenenti alla Cia.
Il conturbante "passero rosso" delle implacabili agenzie investigative russe.
Come altisonante contorno, aggiungasi una infinità di personaggi minori, che la produzione ha la per nulla innovativa idea di far ad impersonare ad una folta schiera di nomi illustri (e invero un po’ stracchi, ordinari) di star altrove bravissime (ma Jeremy Irons, in senso assoluto ottimo, non azzecca più un film decente da decenni, e la Rampling si ricicla in una particina di contorno ridicola e banale).
Scene di sesso patinato (la violenza sessuale sulla Lawrence si svolge nel rispetto di ogni più casta e studiata coreografia che eviti di urtare la puritana ed assai strumentalizzata sensibilità a stelle e strisce, disposta a non tollerare nemmeno la realistica visione di un seno nudo, coerente con contesto della violenta situazione in essere), madri inferme (Joely Richardson) da accudire e sottoporre a cure costose che giustificano la scelta di una nuova vita da parte della nostra giovane, deliberata alla fine ad assecondare le richieste del mellifluo cugino agente segreto della ex ballerina (Matthias Schoenaerts), ed un intrigo fiacco e senza nerbo che antepone in una lotta senza esclusione di colpi – e pure un po’ fuori del tempo… o proprio fuori tempo massimo - due individui di punta dei servizi segreti delle due potenze.
In questo contesto non proprio originale, persino un attore quasi sempre volenteroso, espressivo e virtuoso come Joel Edgerton, appare inevitabilmente soccombere, pressato dalla banalità dei cliché proposti, in un blockbuster scontato che attrae solo per l’abile seducente confezione che lo avvolge.
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