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Una lucertola con la pelle di donna

Regia di Lucio Fulci vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Una lucertola con la pelle di donna

di undying
10 stelle

Uno dei migliori gialli italiani, diretto da un regista in stato di grazia. Il titolo, imposto dalla produzione, allude a un'inesistente appartenenza al filone avviato dopo il clamoroso successo della trilogia zoonomica girata da Dario Argento.

 

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Carol (Florinda Bolkan) è ammaliata dalla sfrenata e disinibita vita sessuale della sua vicina di casa Julia (Anita Strindberg) al punto che, con crescente intensità, sempre più avverte il desiderio di accoppiarsi sessualmente con l’emancipata ragazza. La pulsione di Carol trova sbocco nei sogni, sempre più spesso animati da situazioni estreme, che raggiungono il loro apice nella visualizzazione di un atroce delitto, vittima la bella Julia. Il rinvenimento di un diario personale, nel quale Carol ha descritto il suo inquietante sogno, mette la donna in condizione di prima sospettata, non appena nella realtà si concretizza un feroce delitto a sfondo sessuale, che vede coinvolta come vittima proprio Julia. Un susseguirsi d’avvenimenti, in bilico tra realtà, visioni oniriche e farneticazione condurrà Carol sull’abisso della follia, rivelando un aspetto della sua personalità del tutto imprevedibile.

 

"Il vizio è una gabbia col chiavistello dal di dentro... siamo noi che vogliamo restarci rinchiusi per forza".

(Frase di lancio)

 

"Odio i gatti. Sono animali ruffiani, pensano solo a sé stessi e sono furbi. Ma non farei mai del male ad animali per delle scene di film... al massimo scannerei degli uomini."

(Lucio Fulci) [1]

 

Florinda Bolkan

Una lucertola con la pelle di donna (1971): Florinda Bolkan

 

Secondo giallo, girato interamente a Londra, diretto da Fulci dopo Una sull’altra e in anticipo sul successivo Non si sevizia un paperino, frutto di una coproduzione internazionale che vede coinvolte Francia, Italia e Spagna e conseguenza della collaborazione, in sceneggiatura, di Roberto Gianviti (abituale collaboratore del regista). Una lucertola con la pelle di donna può contare su un valido cast artistico, che contempla, oltre alla presenza della Bolkan, attori indimenticabili del calibro di Jean Sorel, Anita Strindberg e una giovane, quantomai bella, Ely Galleani (già apparsa in Reazione a catena di Bava e successivamente impegnata su un set erotico di Joe D’Amato). La pellicola, impropriamente inserita in coda al filone per via di un titolo inadeguato, imposto dalla produzione per sfruttare il successo della trilogia zoonomica diretta da Argento, sperimenta una dimensione visionaria del tutto originale e ben rende l'idea dello sviluppo artistico e stilistico del regista che già qua, pur essendo in ambito narrativo prettamente giallo, inserisce nel film momenti di estrema visionarietà (gli incubi allucinati o alcune sequenze astratte, tipo quella dell’orgia o quella ambientata sul treno). Elementi di crudo realismo (la vivisezione dei cani), in contrasto con raffinate inquadrature dalle connotazioni lisergiche (il sogno iniziale), donano una configurazione estetica ambigua al girato, garantendo allo spettatore una sensazione di raffinata esperienza cinematografica. Pellicola che, come già accaduto in precedenza con Non si sevizia un paperino, per Fulci sarà causa di una controversia giudiziaria, tanto che Rambaldi verrà chiamato a riprodurre in un’aula di Tribunale l’effetto speciale della “vivisezione”, al fine di dimostrare che, sui cani comparsi nel film, non è stata eseguita alcuna forma di violenza [2]. Per dare una vaga idea dell’importanza che questa pellicola ricopre nel panorama cinematografico mondiale, basterà ricordare Basic Instinct (1992): Paul Verhoeven, a suo modo, ne ha infatti realizzato un remake non ufficiale, tante sono le similitudini tra il personaggio interpretato da Sharon Stone e quello di Florinda Bolkan.

 

Penny Brown

Una lucertola con la pelle di donna (1971): Penny Brown

 

Influenze stilistiche e condizionamenti tra pellicole precedenti e successive 

 

"La protagonista che pareva una vittima innocente, ossessionata da incubi erotici a base di delitti e amplessi lesbici, è realmente un'assassina omosessuale che si è servita della psicanalisi come copertura per i propri delitti. Più o meno la stessa cosa che farà, tra l'altro, la Catherine Tramell - Sharon Stone del sottovalutato Basic Instinct di Paul Verhoeven, che confessava i propri delitti nei suoi romanzi, certa che così nessuno l'avrebbe, proprio per questo, mai ritenuta realmente colpevole. E non è affatto escluso che lo sceneggiatore di Basic Instinct, Joe Eszterhas, abbia tenuto presente il giallo di Fulci quando ha scritto la sceneggiatura del film di Verhoeven che per più di un verso ricorda, a ben guardare, proprio Una lucertola con la pelle di donna. Oltre a lo ti salverò, un altro rimando obbligato del film, qui più conforme al modello, è Repulsion di Roman Polanski. Anche in questo caso una giovane donna, oltretutto dallo stesso nome, Carol, viene talmente ossessionata dai propri incubi da giungere all'omicidio. Solo che nel film di Polanski la Carol di Catherine Deneuve è un'assassina inconsapevole e schizofrenica, traumatizzata dal sesso, mentre qui la protagonista impersonata dalla Bolkan ostenta solo un finto turbamento di fronte ai suoi incubi sessuali, mentre è, invece, una spietata e gelida assassina lucidamente consapevole dei propri atti. Analogie relative agli incubi e alla follia omicida di Carol si possono riscontrare anche in Delirium-Necronomicon di Jess Franco, ma potrebbe trattarsi solo di analogie d'ispirazione, tanto che pare i due registi fossero uniti da stima reciproca per i rispettivi lavori. Una evidente sequenza omaggiante Hitchcock e il suo Gli uccelli è, invece, quella in cui la Bolkan viene, imprevedibilmente, assalita da frotte di pipistrelli-vampiro in una stanza della cattedrale deserta. Sequenza, questa, peraltro, così ben realizzata da attirare, pare, i plausi dello stesso Mario Bava, altro maestro dell'horror a cui il Nostro, forse più che ad altri autori, si apparenta per stile visionario." [3]

(Antonio Bruschini e Antonio Tentori)

 

Florinda Bolkan

Una lucertola con la pelle di donna (1971): Florinda Bolkan

 

Dichiarazioni di Carlo Rambaldi relative alla scena di vivisezione su cani "da laboratorio" [4]

"In una clinica sperimentale, quattro cani erano tenuti in vita da speciali apparecchiature, applicate ai polmoni e al cuore, scoperti e pulsanti. La Bolkan, inseguita da un assassino, cercava scampo nei corridoi della clinica e improvvisamente, aprendo una porta, si trovava di fronte alla terrificante visione. La Società per la protezione degli animali denunciò il produttore Amati e il regista per maltrattamenti a quattro cani vivisezionati, e così per la prima volta gli effetti speciali entrarono in tribunale per risolvere un caso penale".

scena

Una lucertola con la pelle di donna (1971): scena

 

Critica 

 

"Nel 1971 Fulci firma il suo secondo giallo, Una lucertola con la pelle di donna, che viene lanciato facendo leva sul notevole successo riscosso da Una sull'altra. Del cast del precedente thriller rimangono solo Jean Sorel e Alberto De Mendoza, mentre il ruolo della protagonista è stavolta affidato a Florinda Bolkan. Nonostante il regista avesse scelto come primo titolo per il suo film la gabbia, la produzione gli impose il nuovo titolo, facendo leva sulla titolistica "zoologica" lanciata proprio in quegli anni dai thriller di Dario Argento. Ciò ha indotto molti a considerare nel corso degli anni il film di Fulci come un mero epigono dei gialli di Argento: niente di più sbagliato, in quanto l'unica parentela tra le due pellicole è quella di appartenere entrambe al genere thriller, mentre sia stile che storia di Una lucertola con la pelle di donna sono tipicamente fulciane e anticipano il touch che il regista esternerà pienamente nelle successive opere. A ricordare il titolo originario voluto da Fulci rimane, invece, soltanto una frase attribuita a Edgar Allan Poe (in realtà scritta dal regista stesso assieme allo sceneggiatore Gianviti) e riprodotta al tempo a scopo pubblicitario su tutti i manifesti del film: 'Il vizio è una gabbia col chiavistello dal di dentro... siamo noi che vogliamo restarci rinchiusi per forza'. Come già per Una sull'altra, anche qui la vicenda contiene ancora una volta richiami precisi non tanto ai thriller argentiani, bensì ai 'classici' del giallo. Innanzitutto lo ti salverò-Spellbound di Hitchcock, cui rimanda senz'altro l'incubo della protagonista che si vede minacciata dall'ombra di un gigantesco volatile, così come la sua presunta confusione mentale di fronte a un omicidio di cui non ricorda niente e di cui tutti la credono colpevole. Ma già qui, come nel primo giallo fulciano, ecco subentrare la trasgressione spiazzante del regista rispetto al modello, che ne fa qualcosa di totalmente e imprevedibilmente diverso."

(Antonio Bruschini e Antonio Tentori) [5]

 

"Niente maniaco nerovestito, quindi, ma uno strano tipo di giallo onirico e psicologico che, seppur deriva esplicitamente da Hitchcock e Polanski (la protagonista si chiama Carol come la Catherine Deneuve di Repulsion e, proprio come lei, appare perseguitata da incubi di putrefazione e di morte) se ne diversifica, peraltro vistosamente, sia per l'atmosfera ossessivamente morbosa che permea tutta la vicenda sin dalle prime immagini, sia per i toni estremamente grandguignoleschi di molte sequenze, davvero scioccanti e crudeli. Ma là dove in Argento il sangue e la violenza nascono dalla follia del singolo individuo (i sadici delitti perpetrati dall'assassino di turno) in Fulci l'orrore e il sangue debordano più che altro dal contesto sociale in cui è calata la vicenda, mentre gli omicidi rimangono ellittici o vengono, comunque, mostrati molto fugacemente. Il vero orrore è dato qui dai corpi straziati e putrescenti dei familiari di Carol (così come lei li vede nei suoi incubi), esplicita metafora del 'marciume' sociale che questi nascondono dietro i loro bei vestiti. E tale 'marciume' è così diffuso che non manca, poi, di debordare qua e là anche dalla realtà stessa, cioè da quel mondo apparentemente dorato che circonda Carol: la clinica psichiatrica esclusiva nei cui laboratori segreti sono appesi cani vivisezionati con il ventre orrendamente squarciato, o la vecchia cattedrale nel centro di Londra che nasconde stanze piene di pipistrelli vampiro che assalgono a frotte Carol in una sequenza-omaggio a Gli uccelli di Hitchcock. Ed è quest'ultima scena, oltre tutto, uno dei rari omaggi diretti al maestro inglese del brivido fatti da Fulci, assieme all'altra sequenza, bellissima, in cui Carol viene inseguita, in sogno, dalla gigantesca ombra di un cigno minaccioso, che richiama l'analogo 'Angelo' della sequenza onirica di Io ti salverò, cui, appunto, il film di Fulci si rifà per certi versi. Ma l'intelligenza di Fulci sta nel giocare con le citazioni per confondere lo spettatore e sorprenderlo. Chi ha visto lo ti salverò pensa immediatamente che la protagonista di Una lucertola con la pelle di donna sia la vittima innocente delle macchinazioni di un misterioso assassino, invece, in questo caso, è proprio lei l'unica e sola colpevole. In tal senso il personaggio di Carol si avvicina di più al suo omonimo di Repulsion (anche lei assassina psicopatica spinta a uccidere dai propri incubi) ma la Carol interpretata da Florinda Bolkan non è un'assassina inconsapevole, bensì lucidamente e diabolicamente cosciente dei propri piani delittuosi, al punto di servirsi del suo stesso inconscio per precostituirsi un alibi. Ma, al di là delle citazioni trabocchetto, il fascino innegabile del film di Fulci sta proprio nel suo giocare costantemente sull'assoluta mancanza di una linea di demarcazione tra incubo e realtà (una cifra, questa, che ritornerà nel cinema di Fulci, da Lo squartatore di New York a Un gatto nel cervello). L'incubo che popola i sogni di Carol può, infatti, con la massima facilità invadere, improvvisamente, la vita di tutti i giorni, annullando ogni fittizio confine (le già citate sequenze dei cani vivisezionati e dell'attacco dei pipistrelli, ma soprattutto il finale stesso del film) tra il mondo dei sogni e quello della realtà quotidiana. Proprio questa incertezza totale che il film comunica allo spettatore lo rende più impressionante di quasi tutti i gialli del periodo e lo apparenta, semmai, agli horror perversi del grande Mario Bava. Come in Reazione a catena, infatti, anche qui la violenza non è più quella del singolo, ma, come già accennavamo, diventa piuttosto un fatto collettivo e debordante, annullando, così, ogni speranza di salvezza. Sarà proprio questo carattere di violenza 'totale' e generalizzata, oltreché impietosamente sviscerata, il segno distintivo di tutto il futuro cinema di Fulci: quello che, al di là di apparenti somiglianze tematiche, lo distinguerà inderogabilmente dall'opera di Argento." 

(Antonio Bruschini e Antonio Tentori) [6]

 

"Dopo una sull'altra, Fulci decide di continuare a dirigere thriller. Già dal titolo ci rendiamo conto di come fosse influente, nel 1971, la moda argentiana del thriller animalesco, e Una lucertola con la pelle di donna vuole mettere in risalto la capacità degli assassini di mimetizzarsi con la realtà circostante, di apparire normali e di agire a sangue freddo. Si nota sia dal titolo che da una splendida seconda versione della locandina dove il particolare dell'occhio della Bolkan è sostituito con quello di una lucertola. Si tratta pure di un film di contestazione dove si parla di hippie e omosessualità e si critica, senza mai perdere contatto con il plot thrilling di un film di genere, il periodo dei primi anni Settanta. La protagonista, la splendida Florinda Bolkan, emblema della contestazione hippie in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), qui passa all'altra sponda nei panni di una ricca e nobile signora che si scopre lesbica, fragile e omicida. Nelle prime opere filmiche di Fulci c'è tutto il materiale per teorizzare non solo una vena di contestazione ma anche una pesante e voluta misoginia del regista che già in un recente passato, con le sceneggiature di A doppia faccia (diretto da Riccardo Freda) e Una sull'altra, era stata sottolineata, anche se la donna come elemento scatenante, come essere votato a torbidi pensieri e atti impuri, era già un leitmotiv tipico del nostro horror gotico. Mario Bava (si veda per tutti: La frusta e il corpo), Antonio Margheriti (Contronatura) e Riccardo Freda (tra i tanti: L'orribile segreto del dott. Hichcock) avevano già portato avanti un discorso misogino che spesso trascendeva nel sadico, cercando un appiglio o una giustificazione nella presunta indole traditrice e saffica della donna. Tutto questo sia per un'estrema forma di estetizzazione del modello principale, l'horror gotico in stile Hammer, sia per motivi di mercato. Fulci non è insensibile, da amico, sceneggiatore o assistente dei migliori registi del nostro gotico, a questo luogo comune. A lui va il grande merito di aver inserito, almeno in questo Una lucertola con la pelle di donna, un elemento legato alla contestazione della fine degli anni Sessanta ma anche qualcosa di esistenziale, un discorso che arriva alla critica della famiglia come istituzione. Il padre di Carol si suicida per salvare la famiglia da una scandalo ma lei, appena apprende la notizia, non versa neppure una lacrima. A un cast di ottimi attori e all'ottima colonna sonora di Ennio Morricone si contrappone la regia salda, ma non particolarmente  ispirata, di un Fulci alla sua seconda prova nel genere. Il film nelle sue ambizioni sociologiche non esclude la psicoanalisi, l'onirico, tematiche frutto della lunga collaborazione con Roberto Gianviti, sceneggiatore che accompagnerà l'esordio del thriller e tutta la prima parte della carriera del regista. Nel film intravediamo pure un un trait d'union con gli psicotici gialli di Riccardo Freda, rappresentato dall'utilizzo dello sceneggiatore francese André Tranché (ha firmato i dialoghi del film di Freda, L'iguana dalla lingua di fuoco). Per la psicologia che abbonda e per i temi trattati, sorge spontaneo un paragone con Repulsion (1965) di Roman Polanski, anche se la lenta discesa di Catherine Deneuve verso la dissociazione psichica è di natura diversa rispetto a quella della Carol del film fulciano. In Repulsion c'era il trauma dell'incesto o della sindrome di Edipo, mentre in Una lucertola con la pelle di donna troviamo 'solo' un'omosessualità latente che serve al regista per condannare una società e una categoria. Il film di Polanski è uno splendido psicodramma alla maniera del più raffinato Hitchcock mentre, con altri limiti ma anche con altre ambizioni, la pellicola di Fulci si attesta in una categoria medio-alta dove trova spazio la contestazione e l'underground. Ci pare appropriato il paragone con quella piccola chicca del cinema 'sotterraneo' che è stato Wonderwall (uscito da noi come Onyricon). (...) Una lucertola con la pelle di donna è un film che tiene molto alla decorazione degli ambienti. Gli arredamenti e i costumi sono suggestivi e d'epoca. Potrebbe essere un affresco contestatario di un'epoca, un documento che in ogni caso è soprattutto puro cinema di genere, di quello che il regista sapeva fare come pochi. Per finire, una puntualizzazione: Fulci si ostinerà ad ambientare i suoi thriller all'estero. Sembra che prediliga l'Inghilterra (sin dalla sceneggiatura di A doppia faccia, ambientato nella swinging London), una peculiarità che significa un pesante distacco (almeno nelle location) dalla moda argentiana, ma anche un massimalismo ostentato e compiaciuto che porterà Dario Argento a dire: 'Fulci? Quando esagera mi fa sorridere!' (Dario Argento, Roberto Pugliese  - Il Castoro)."

(As Chianese e Gordiano Lupi) [7]

 

"Dopo il successo di Una sull'altra (1969), Lucio Fulci torna al giallo su consiglio del produttore Edmondo Amati, sfruttando il buon budget e la piena libertà creativa concessi dall'italiana International Apollo Films (60%), la spagnola Atlántida Films (20%) e la francese Les Films Corona (20%). Il gruppo di sceneggiatori accreditati è nutrito, ma il lavoro di scrittura è compiuto da Fulci e Roberto Gianviti, cui si aggiunge Ottavio Jemma in sede di revisione. Il copione frantuma i canoni a beneficio di un approccio psicologico, condotto sprofondando la base familiare del sexy-giallo in un gorgo tutto individuale. Fulci, vero 'terrorista' del genere, ne sabota gli assunti decostruendo la centralità dell'intreccio a beneficio dell'inconscio di Carol Hammond, personaggio il cui perenne conflitto - tra libertinismo psichedelico e rigore borghese - diventa riduzione in scala di una tensione socio-politica epocale. L'autore scrive addirittura un finale astratto, scartato dalla produzione a vantaggio della chiusura razionale. Lo psico-thriller è psicanalizzato fino all'emersione dei suoi numeri primi inconsci: il sesso, presentato come causa della scissione di Carol (al complesso di Edipo conservatore si contrappone il senso di colpa per gli istinti omosessuali) e la violenza, che nella messa in quadro deflagra in possenti vibrazioni splatter (ferite e penetrazioni) e gore (putrefazioni sanguinolente, con viscere esposte). Per agganciare la neonata moda animalesca, all'iniziale titolo La gabbia Amati sostituisce La donna dalla pelle di serpente, a sua volta accantonato. Ma il film, girato a Londra e dintorni in dieci settimane, segue traiettorie molto diverse da quelle di Dario Argento e di lo ti salverò di Alfred Hitchcock (1945), pur citato nell'inseguimento del cigno in sogno. Le affinità sono piuttosto con il coevo Lo strano vizio della signora Wardh di Sergio Martino, al quale è legato da una frase di lancio («Il vizio è una gabbia col chiavistello dal di dentro [...]») che somiglia molto al contenuto di una lettera inquadrata da Martino («Il tuo vizio è una stanza chiusa dal di dentro [...]»). È tuttavia impossibile attestare la reale paternità dell'idea, data la contemporanea gestazione delle due opere. Tuttavia, la curiosa coincidenza testimonia di uno Zeitgeist orientato al thriller psicanalitico e ben assimilato da Fulci fin da una sequenza di apertura che ha in nuce tutti gli elementi dell'opera: su un treno, Carol si immagina assediata da corpi nudi e precipita in una caduta su fondo nero al rallentatore (vertigine onirica), ritrovandosi nel letto dove consuma l'amplesso con Julia Durer (pulsione saffica), che accoltellerà nello sviluppo del sogno (senso di colpa) sotto lo sguardo di due testimoni (con occhi bianchi che anticipano gli horror del regista). Ma Fulci si spinge oltre, utilizzando la psicanalisi come inganno (il sogno è un'invenzione) e mettendola così in scacco. E in abisso. Tecnicamente, l'opera è ricca e complessa, illuminata da raffinati espedienti funzionali al registro onirico-psicologico: con giochi di messa a fuoco, ralenti contrapposti a riprese in camera a spalla, spiazzanti raccordi ripetuti o contrapposti su panoramiche e zoom, eleganti split-screen schizofrenici (emblematico quello che accosta la festa hippy e la cena di famiglia), momenti pittorici ammiccanti ai dipinti di Francis Bacon, grandangoli e dominanti bianche che trascendono i luoghi. Fulci dona consistenza ai propri assunti teorici e realizza una tra le pietre miliari del filone. La pellicola, vietata ai minori di 18 anni, incassa circa 950 milioni di lire che ne determinano il successo. In Spagna esce come Una lagartija con piel de mujer, in Francia come La venin de la peur. Accusato di maltrattamento di animali a causa della scena dei cani esposti con il ventre squartato, il regista esibisce in tribunale gli artefatti meccanici creati da Carlo Rambaldi e viene assolto.

Curiosità: per i ruoli di Joan Hammond e Julia erano state inizialmente indicate Ornella Muti e Ida Galli. Nel film Sette scialli di seta gialla di Sergio Pastore (1972), sempre prodotto da Amati, è riproposta - nella moviola del protagonista - la sequenza dell'omicidio di Julia."

(Claudio Bartolini) [8]

 

Lucio Fulci

Fulci for Fake (2019): Lucio Fulci

 

A proposito di Lucio Fulci 

 

"Fa sempre piacere avere un'occasione ulteriore e concisa, per parlar bene di Fulci: ci vorranno anni per risarcirlo dell'ostilità critica che ha patito in vita. Senza giustificazioni, e con l'aggravante di non aver compreso che il regista aveva mostrato le sue idee nel cinema più popolare, quello comico, western, giallo, e horror. (...) La difficoltà sta nell'affrontare l'argomento Fulci a prescindere dalle note etichette di 'terrorista dei generi' e 'poeta del macabro', dalla tentazione di spiegarlo criticamente affidandosi a elementi biografici e psicologici (la misoginia dei suoi racconti come espressione del difficile rapporto con le donne), dall'affettazione di ricavare significati improbabili all'ennesima lettura dei suoi film. C'è un bellissima ed esauriente monografia di Paolo Albiero e Giacomo Cacciatore (Il terrorista dei generi) che spiega in modo adeguato, circostanziato e dettagliato la biografia, lo stile e i film del regista: a questa rimandiamo tutti gli appassionati di Fulci. Qui, ci preme ricordare un paio di cose. Che a differenza di altri registi considerati piccoli maestri del genere come Lenzi e Martino, dietro ai thriller di Fulci c'è un mondo intero: le sue immagini hanno una forza espressiva superiore rispetto alle altre perché frutto di idee personali, non rimasticature del luogo comune. Che, a differenza dell'altro capofila del genere Argento, le paure riflesse nei thriller e nei gialli più personali di Fulci non sono di ordine psicologico e psicanalitico, ma sociali ed esistenziali. Se prendessimo a confronto e analizzassimo i due massimi risultati del thriller italiano - Profondo rosso e Non si sevizia un paperino - noteremmo che tanto l'uno è astratto, stilizzato e iperrealista, tanto l'altro è concreto, terragno e realista. Mentre uno si libra negli arabeschi di una geografia inventata che è uno spazio mentale, l'altro s'accanisce nella descrizione di un luogo ben circostanziato (la Basilicata arretrata di inizio anni Settanta, tagliata fuori, anziché annessa da una mostruosa superstrada) con evidenti intenti sociologici; mentre uno civetta col cinema e le arti figurative, citando Espressionismo e liberty, l'altro si interroga sulla spaventosa arretratezza di una società dedita ai riti tribali nell'era tecnologica; mentre uno cerca (e trova) la violenza nelle ossessioni della psicopatia mentale, l'altro la cerca (e la trova) nella follia collettiva nata da secoli di ignoranza. L'uno prova paura per le proprie fobie, l'altro per la società che lo circonda: sono entrambi volti del giallo. Fulci dà corpo alle proprie idee con uno stile brutale e stordente che corrisponde perfettamente alla sua vis polemica. Avrà altri modi di manifestare la sua maestria, nel giallo d'impianto classico Una sull'altra, nel thriller all'inglese Una lucertola con la pelle di donna (che è un primo esempio di sfrenatezza visiva) e Sette note in nero (al contrario quasi casto nella sua visionarietà), nel gore spinto de Lo squartatore di New York (vero e proprio attentato al giallo), ma sempre con l'idea di mostrare le perversioni nascoste sotto la rispettabilità borghese. Perché questo maestro del terrore, allievo di Steno, sceneggiatore per Sordi e Totò, regista di Franco e Ciccio e Lando Buzzanca, è sempre rimasto un rivoluzionario dentro."

(Andrea Pergolari) [9]

 

Florinda Bolkan

Una lucertola con la pelle di donna (1971): Florinda Bolkan

 

Visto censura [10]

 

Per ottenere il nulla osta necessario alla circolazione del film, la Commissione impone alla produzione di effettuare il seguente taglio (metri 5,95):

 

- eliminazione dei fotogrammi dal momento in cui la Signura Durer seminuda comincia ad inginocchiarsi avanti la protagonista in pelliccia, fino al momento in cui apre i lembi della pelliccia stessa. 

 

In data 17 febbraio 1971 viene concesso il visto censura (n. 57694), con divieto di visione ai minori di anni 18.

 

Dal verbale allegato al nulla osta;

"(Si) esprime parere favorevole per la proiezione in pubblico con il divieto di visione per i minori degli anni 18 per la tematica che tratta di rapporti lesbici della protagonista, per l'omicidio di costei commesso in danno della propria amante con dettagli raccapriccianti, per le scene erotiche che si svolgono tra le su accennate scene omosessuali, nonché tra il protagonista e la propria amante, per gli omicidi e i ferimenti visualizzati con esasperate scene di sangue e di cadaveri ed infine per le scene di animali vivisezionati."

 

Metri di pellicola accertati: 2854 (104' ca a 24 fps).

 

 

NOTE

 

[1] "L'occhio del testimone - Il cinema di Lucio Fulci", a cura di Michele Romagnoli (Granata Press), pag. 21.

 

[2] La notizia è riportata con dovizia di particolari nell'esaustivo libro - Il terrorista dei generi - scritto da Albiero e Cacciatore nel 2004, ma già era nota a metà anni '80, quando venne divulgata nello speciale Sequenze: rosso italiano (AA.VV, 1987) e, naturalmente, ne L'Opera al nero: Lucio Fulci (AA.VV, Nocturno Dossier n. 3). Andando ancora più indietro nel tempo, in merito alla circostanza così si è espresso il regista in un’intervista pubblicata, nell’ormai lontano agosto del 1982, sul periodico Starbust Magazine (Volume 4, Numero 12 - Casa editrice Stan Lee):
Carlo Rambaldi fu responsabile per gli effetti speciali nella scena del pipistrello, che non era facile da girare. Egli costruì pipistrelli meccanici che scorrevano sui fili agitando le ali, aggiungendo anche le ombre del pipistrello. Ricordo che Bava fu impressionato quando vide la sequenza, sebbene io sono sicuro che lui l’avrebbe fatta meglio di me. Così, per i cani, Rambaldi usò materiale artificiale nel quale inserì sacchi speciali che poteva controllare da dietro, dando l’impressione che il cuore e le budella si muovessero realmente. Alcune persone pensarono che usammo cani veri, ma ciò è totalmente assurdo per l’amore che io ho per i cani, e quindi dovemmo affrontare un processo. Fortunatamente, Rambaldi mi salvò da una sentenza a due anni di carcere recuperando uno dei suoi cani artificiali!"

 

[3] "Lucio Fulci - Il poeta del macabro" (Profondo rosso edizioni), pag. 41 - 42.

 

[4] "Carlo Rambaldi e gli effetti speciali", a cura di Lorenzo Pellizzari (Aiep Editore).

 

[5] "Lucio Fulci - Il poeta del macabro" (Profondo rosso edizioni), pag. 40 - 41.

 

[6] "Profonde tenebre - Il cinema thrilling italiano 1962-1982" (Granata Press), pag. 94 - 95.

 

[7] "Filmare la morte - Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci" (Edizioni Il Foglio), pag. 94 - 95 - 96 - 97 - 98.

 

[8] "Il cinema giallo-thriller italiano" (Gremese editore), pag. 158 - 159.

 

[9] "La polizia s'incazza - Dizionario del giallo italiano" (Ultra edizioni), pag. 164 - 165.

 

[10] Dal sito "Italia Taglia".

 

Florinda Bolkan, Anita Strindberg

Una lucertola con la pelle di donna (1971): Florinda Bolkan, Anita Strindberg

 

"Quanto maggior valore i monaci attribuivano alla repressione della sensualità, tanto maggior valore aveva per essi la Vergine divina: sostituiva per essi perfino Cristo, perfino Dio. Quanto più la sensualità viene negata, tanto più sensuale è il dio a cui si sacrifica la sensualità."

(Ludwig Feuerbach)

 

Trailer

 

Cast artistico

 

F.P. 06/07/2023 - Versione visionata vhs Mitel (durata: 97'58")

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