Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Fin dalla prima sequenza, con la truffa in abito talare, ci si sente immersi in un’atmosfera irrimediabilmente sporca: la squallida routine di tre compari che vivono alla giornata ai danni di poveracci, una festa di capodanno in casa di un arricchito che già anticipa i baccanali di La dolce vita, una latente voglia di normalità che si fa sempre più patetica e disperata con l’avanzare degli anni. La chiave di volta sembra essere l’incontro casuale di Augusto con sua figlia, l’incarnazione della vita che lui un giorno ha rifiutato e di cui comincia a sentire la mancanza: potrebbe essere l’occasione per riscattarsi, compiendo finalmente un’azione generosa. Quando però si arriva al finale, un finale di terribile bellezza che chiude il cerchio replicando (in modo sempre più stanco e triste) la truffa iniziale, tutto cambia: ci accorgiamo di avere assistito a una storia di redenzione mancata. La ragazza poliomelitica poteva diventare lo strumento della Grazia, come la Gelsomina di La strada; ma Augusto non è Zampanò, e ha preferito sprofondare nell’abiezione più spregevole. Per me, il più sottostimato tra i film di Fellini.
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