Diventati popolari e largamente dibattuti sui giornali e neitalk-show, diversità e tolleranza sono temi che il cinema d’animazione ha raccontato anche quando -soprattutto in America - parlare di diritti civili era tabù. Non deve stupire - e quello della mancanza di sorpresa sta diventando uno dei difetti di questo tipo di operazioni - perciò la scelta operata da Carlos Saldanha, già artefice della sagade “L’era glaciale” e qui alle prese con un personaggio sviluppato da un vecchio cortometraggio delle Disney. Il protagonista è appunto Ferdinand, toro spagnolo deciso a ribellarsi al proprio destino che è appunto quello di combattere nelle arene con il torero di turno e, nella fattispecie, costretto a vedersela con chi invece lo vuole utilizzare come vittima sacrificale per l’addio alle scene del Matador più famoso del paese. Come vuole il copione di “Ferdinand”, la fuga del nostro si trasforma quasi subito in una funambolica quanto colorata avventura, al solito ravvivata da una coralità di personaggi secondari, la cui simpatiae stravaganza concorrono anche questa volta ad animare un universo che fa ilverso a quello (reale) dello spettatore. Identificarsi con uno di questi , soprattutto se si è piccini, è questione di un attimo, così come non si può non riconoscere a Saldanha il mestiere di chi sa come intrattenere la platea, facendola riflettere sull’importanza di tornare a una vita a misura d’uomo, alla stregua di quella bucolica alla quale Ferdinand spera di tornare al termine delle sue peripezie.
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