Regia di Roar Uthaug vedi scheda film
La giovane Lara (Alicia Wikander) , alla ricerca del papà scomparso, si ritroverà sulle tracce di un fantomatico sepolcro custode del destino del mondo…
Uthaug, noto ai più per il buon disaster movie norvegese The Wave, viene acciuffato dalla Warner che gli commissiona questo reboot, tutto incentrato sulla genesi dell’eroina protagonista dell’omonimo videogioco creato nel 1996 per Playstation, che infiammò i joystick e le tastiere ( e non solo ????) di mezzo mondo, dunque prende in esame i fatti che portano Lara Croft a diventare Lara Croft.
Diciamo subito che il film è lontano per sua fortuna dal dittico scult con protagonista Angelina Jolie, qui almeno un idea di cinema c’è, seppur in chiaro/scuro: al centro delle vicende infatti c’è il rapporto tra padre e figlia, che dovrebbe essere motore della storia ancor prima degli effetti in digitale, dei salti, delle arrampicate in bilico, delle trappole e via dicendo. Un rapporto tagliato con l’accetta però , penalizzato soprattutto dalla caratterizzazione triviale del padre di Lara (un improponibile Dominic West).
La passione fisica di Alicia Wikander per il ruolo (su youtube trovate pubblicati i suoi allenamenti), salva il film dalla mediocrità della sceneggiatura (dialoghi pedanti, trappole e trabocchetti sempre gli stessi), che segna dalla sua soltanto due scene che regalano più di un sussulto, quella del vecchio aeroplano in bilico sulla cascata e la finale , quando la nostra inforca arco e frecce.
Vedere la protagonista presa a calci e pugni, sbattuta violentemente qua e là, sporca sudata e con qualche rigolo di sangue ( tutto politicamente corretto non vi preoccupate) è una bella goduria ed è cosa piuttosto insolita per Lara Croft, che nell’immaginario videoludico e non (nei primi due film) aveva l’aura di divinità, impermeabile ad ogni ferita fisica.
Forse è troppo poco, forse no.
Sequel in cantiere.
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