Regia di James Cullen Bressack vedi scheda film
Horror psicologico con qualche deriva visionaria. Molto ben recitato e con un finale -insolitamente per il genere- melodrammatico.
A seguito della morte della madre, Claire (Stefanie Estes) eredita la casa in cui ha vissuto da piccola, in un regime di terrore a causa di un genitore dissociato e dispotico. Dopo un tentativo di suicidio e un parto malfinito, Claire ricomincia ad avere visioni disturbanti coincidenti con l'essersi nuovamente stabilita -dopo tanti anni- nella casa di famiglia: un'amica immaginaria dell'infanzia, Bethany, si manifesta tramite sussurri, voci e rumori notturni. Il marito Aaron (Zack Ward), preoccupato per lo stato psicologico della moglie, di nascosto somministra antipsicotici senza tuttavia riuscire a frenare l'escalation visionaria di Claire che, si scopre a seguito di una caduta, è incinta di nuovo.
"Dio non ci concede quello che desideriamo, ci concede quello di cui abbiamo bisogno." (Susan, la spietata madre di Claire)
Pur essendo piuttosto giovane (classe 1992) James Cullen Bressack ha all'attivo un discreto curriculum anche se in Italia è rimasto pressoché sconosciuto, non essendo stato tradotto quasi nulla del suo lavoro. Attivo come sceneggiatore, produttore e regista nel caso di Bethany dimostra una certa predisposizione all'horror psicologico con declinazioni drammatiche. Se non fosse per l'ottima performance di Stefanie Estes, qui in grado di rendere quasi tangibile il male psicologico che va sotto il nome di depressione, Bethany rimarrebbe il classico TV movie, come riempitivo di una seconda serata estiva. Invece, rimanendo sempre con un piede fisso nel genere, Bressack riesce ad affondare il pensiero anche nella tragedia, ma con una discreta profondità di analisi. Ispirato in buona parte da Craven e il suo La casa nera, ma anche dal più recente Housebound, nel finale riesce a creare un clima di totale abbandono, di disperato annichilimento, di sentita pietà. Perché tutti abbiamo avuto, nell'infanzia, un amico immaginario di cui poi abbiamo perso le tracce, i ricordi. Forse qualcuno, più sfortunato di noi, si è reso conto troppo tardi che quel legame sincero e affettuoso non aveva nulla a che fare con presenze immaginarie o con epifanie della nostra psiche visionaria. È il caso della tormentata protagonista di Bethany, un horror suggestivo, non originale anche, ma eccentrico e spiazzante a causa di una conclusione davvero strappalacrime.
"La bellezza dura così poco, svanisce così in fretta..." (Susan)
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