Regia di Henry Selick vedi scheda film
Il mondo di Tim Burton è fatto di un surrealismo inquieto come il tratto di un disegno infantile, arabescato dalla fantasia e tremante per la paura, perché l’essenza della favola è sempre sospesa tra il sogno e l’incubo, tra la fatina buona e la strega cattiva. I due poli opposti tra i quali, in questo racconto, scocca la scintilla del fantastico, sono il regno di Halloween e quello di Natale, le tenebre popolate di grida e lo scintillio colorato accompagnato dai canti. Jack, il mago del terrore, che decide di cambiare vita ed indossare i panni di Santa Claus, incarna questa tensione con lo slancio romantico che è l’anima tutte le rivoluzioni; e la sua impresa ha, in sottofondo, anche il carattere del folle esperimento scientifico, che cerca di affinare l’ingegno per creare la vita dalla morte, come nei classici dell’horror. L’animazione in stop motion, con il suo dinamismo coreografico e ardito, mai logico e sempre imprevedibile, modernizza l’atmosfera gotica della storia, che si mette a turbinare disordinatamente come un caleidoscopio rotto: lo squallore cimiteriale diventa così una cigolante girandola di rottami e mostriciattoli, in cui le varianti del brutto sono intriganti e contorti prodotti del caos. L’ambientazione di questo film è la controparte grottesca della giostra, della casa delle bambole, dove ogni accessorio spunta dal mucchio informe come un oggetto deposto tra i rifiuti, guasto e sporco, eppure ancora capace di interpretare, biascicando e zoppicando, la sua antica funzione. La fantasmagoria disneyana è ridotta a un ferrovecchio, impregnato del rugginoso fascino dell’anacronismo, che lo spirito del musical rispolvera e trasforma in un tintinnante ninnolo di latta. Nightmare Before Christmas è come la faccia nascosta della luna, o la parte in ombra dell’amore, che cerca la luce uscendo dalla notte della memoria, e la trova, infine, dopo aver a lungo brancolato nel buio.
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