Regia di Leos Carax vedi scheda film
Gli amanti del Pont-Neuf, terzo film di Leos Carax, è stato il film più costoso mai realizzato nella storia del cinema francese. Eppure non è un film di guerra, o catastrofico, o storico, in cui c'è da realizzare la ricostruzione di monumenti e di luoghi antichi. Il film è un'opera leggiadra, sull'amore di due giovani, belli e dannati, sul ponte divenuto simbolo parigino, ricostruito(questo si) nei minimi dettagli. Quella che Carax ci mostra non è una storia d'amore delle più semplici da descrivere o delle più celebri: abbiamo un giovane artista di strada di nome Alex e una ragazza che, scappata dalla sua famiglia, ha incontrato Alex sul ponte, divenuto anche simbolo del loro amore e della loro unione. La ragazza, di nome Michèle, soffre di una malattia agli occhi che le permette di vedere pochissimo e la costringe a portare una benda. Più la malattia peggiorerà, più l'unione dei due sarà solida e Alex farà qualunque cosa per mantenerla tale. Carax è un poeta per immagini, cantastorie della realtà urbana, attento 'guardone' delle modernità, portavoce di un cinema realistico anche se più che mai visionario, surreale nelle realtà, triste nella felicità, cinema politico e profondamente umano. Gli amanti del Pont-Neuf sono rifiuti della società, in una Francia chiassosa e festosa, che scandisce i rintocchi di un'umanità setacciata, di un'umanità persa, sconfitta, relegata fin dentro se stessa. E di questo è un chiaro esempio il terzo personaggio della storia, un barbone di nome Hans, che dorme sul ponte e distribuisce lezioni di vita e medicine ai due innamorati. Perchè alla fine, in questa desolazione e in queste immagini di distruzione, c'è ancora spazio per l'amore. Anche se è un amore abbastanza strano, più consolatorio che altro, romantico ma troppo attaccato, a tratti penoso. Carax torna ai temi, insomma, del suo sfavillante esordio Boy meets Girl del 1984, ovvero sette anni prima. Il film funziona grazie a due attori, i protagonisti in pieno stato di grazia: Juliette Binoche, imbruttita e bendata, resta comunque affascinante; l'attore feticcio di Carax, Denis Levant, in condizioni strepitose. L'immagine che Carax dà dei due innamorati, come detto, non è delle più classiche. Ben presto la cosa si trasforma in morbosa e questo avviene soprattutto quando il protagonista arriva ad uccidere uno di colore che affiggono ai muri delle città le foto di Michèle, poiché la sua famiglia la cerca. Gli amanti del Pont-Neuf' è uno dei migliori lavori di Carax, opera d'arte sull'amore, su quello che ci gira intorno, pezzo di cinema che trasloca dal classico al moderno, senza sensi di colpa per quello che lascia ma con lo sguardo insicuro su quello che va trovando. E' un film a tratti intimista, documentaristico, oscuro, un film che divise moltissimo la critica francese appena uscì: dove da una parte c'era chi considerava, giustamente, Carax un genio e uno degli ultimi eredi del cinema che era stato dei vari Godard, Truffaut, Garrell, Vigo; dall'altra chi invece non vedeva tutto questo talento. Ma di talento ce n'è moltissimo, e Carax lo dimostra moltissime volte, nel corso della carriera e nel film in questione. Film che fu un incredibile flop di pubblico, considerato il I cancelli del cielo francese, in quanto a rapporto spesa/incasso che si rivelò decisamente fallimentare. E infatti non è un film che si capisce facilmente, è oscuro, strano, a tratti struggente. La Binoche in alcune scene ricorda la Bjork di Dancer in the dark di Von Trier, per profondità e anche per fisicità. I film sono tutt'altro che simili, ma entrambi hanno un punto in comune: riflettono sulla modernità, si guardano intorno, non lasciano che tutto passi. Quello di Carax, come anche di Von Trier o di addirittura Gus Van Sant, è un cinema che dovrebbe avere molti più estimatori, e che invece ha non pochi cosiddetti 'haters'. Peccato, non sanno quello che si perdono. Tra i tre citati, sicuramente quello con lo sguardo più tormentato e tormentoso, è appunto Carax. E 'Gli amanti del Pont-Neuf' è il suo capolavoro, perchè ha delle sfumature autobiografiche, ed un messaggio fortissimo. La parte finale del film è da antologia. Il passato non tornerà mai, tutto cambia, anche noi cambiano, ma c'è sempre tempo e spazio, per tornare anche solo con la mente a quello che è stato e cercare di rievocarlo. Che è anche un po' quello che sta facendo il grande Leos Carax con il cinema, non solo francese.
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