Regia di Philippe Garrel vedi scheda film
Un film sull'infelicità; però anche un film sull'amore, o meglio sull'inafferrabilità dell'amore. E' un'opera di parole, ma anche di lunghi silenzi, di gesti, di sguardi. Garrel ricorda Godard per l'uso del/sul linguaggio (soprattutto nella prima parte). Il regista francese utilizza campi strettissimi in cui l'individuo (i suoi gesti) è il padrone assoluto della scena. Il resto, il contorno, si può solo intuire e spesso è un lampo bianco sparato su cui si stagliano le figure umane come facenti parte di un collage (esistenziale). Le inquadrature sono spesso fisse, lunghe e in poche occasioni la mdp compie lievi movimenti. Gli stacchi sono il più delle volte netti e spostano l'(in)azione in maniera quasi "feroce". Garrel filma l'invisibile e "sfida" lo spettatore comune. Un'opera non facile e di alto valore intellettuale (ma non intellettualistico) che viviseziona l'essere umano, che scava nei suoi sentimenti....non descrivibili a parole.....
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