Regia di Daniele Maggioni, Laura Perini, Maria Grazia Perria vedi scheda film
Un film intenso e leggero, che con la giusta umiltà ci avvicina alla visione del mondo di Antonio Gramsci. Nella desolazione e solitudine del carcere, come la rosa che egli coltiva con amore, si sviluppa un pensiero destinato a coinvolgere tutti noi nello stringente interrogativo sul significato politico del nostro problematico agire quotidiano.
Le tematiche filosofiche, politiche e quelle relative alle vicende biografiche e letterarie di Antonio Gramsci potrebbero essere oggetto di innumerevoli opere cinematografiche, tutte spietatamente non esaustive. Questo perché il suo è un pensiero vasto, complesso e oltremodo pragmatico, oggi più che mai materia di studio e di costante riscontro dinamico. E Gramsci infatti, il secondo autore italiano più letto e tradotto nel mondo dopo Dante, riscuote un profondo interesse nei paesi che aspirano ad uno sviluppo, ma che cercano di coniugare politicamente questa parola non tanto coll’idea di progresso materiale ma di crescita sociale e civile: altro versante, quindi, rispetto alla declinazione “elementare” e cinica di “progresso”, familiare al neoliberismo dirompente. Per tutto questo, gli autori del film si sono certo scontrati con difficoltà immani, ma credo siano riusciti, grazie ad una grande umiltà e ad un senso del poetico, a superarle magnificamente: l’interpretazione sobria e corretta di un bravissimo Corrado Giannetti (attore teatrale alla prima interpretazione cinematografica) restituisce la dimensione drammaticamente ed eroicamente umana del pensatore sardo. Gramsci si muove negli spazi angusti del carcere, alle prese con la percezione lacerante della corporeità di un tempo sconfinato; è oppresso, così, da un’angoscia lancinante per i dettagli della vita quotidiana e familiare, ma è sublime e appassionato, aperto ad un mondo senza confini, nell’”agire” creativo del pensiero. Il personaggio viene colto costantemente nella sua dimensione tragicamente umana, e a stretto contatto con noi, con il pubblico, grazie ad una pacatezza e onestà che gli consentono di essere “davvero” ascoltato, seguito nei suoi dubbi, certezze, debolezze e fragilità, che riconosciamo parte essenziale e vitale dell’umanità. Le pause e i silenzi si susseguono nel film come in un brano musicale e ne costituiscono, allo stesso modo delle parole e dei gesti del protagonista, parte essenziale. L’uomo Gramsci, gettato nel corpo e nell’anima in “un mondo grande e terribile”, non è mai indifferente rispetto al dramma della vita dell’individuo come indissolubilmente legato alla società.
“Nel mondo grande e terribile” ha dunque il grande merito di saper coinvolgere appieno gli spettatori: il personaggio del film, come l’Antonio Gramsci protagonista di una fase terribile e troppo recente della nostra storia, ci trascina a riflettere sulla modalità drammatica del nostro esser-ci, del nostro prendere-parte, anche, e forse troppo spesso, attraverso l’ “indifferenza”, all’essere e al divenire di questo nostro mondo grande e terribile.
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