Regia di Daniele Maggioni, Laura Perini, Maria Grazia Perria vedi scheda film
"Mi sono convinto che anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all'opera, ricominciando dall'inizio" (A.Gramsci).
“Nel mondo grande e terribile” l’Antonio Gramsci della prigionia è lo specchio del bambino/ragazzino che al termine dell’esaltante quinquennio elementare soffriva il non poter continuare gli studi (per le ristrettezza economiche familiari). Ciò lo inaspriva, lo rendeva freddo, pungente, con tendenza all’ironia. Io sono stato abituato dalla vita isolata, fin dalla fanciullezza, a nascondere i miei stati d’animo dietro una maschera di durezza o dietro un sorriso ironico…”, diceva di sé. Allo stesso modo nella fase carceraria più acuta, Gramsci perse anche l’ironia proverbiale delle lettere iniziali alla madre.
I registi Maggioni, Perria e Perini hanno compiuto un minuzioso lavoro filologico delle lettere e dei quaderni del pensatore sardo. Ogni sua parola proviene da quei preziosi documenti e per bocca del bravissimo protagonista Corrado Giannetti diventano Concetto e Storia. Tre dimensioni si alternano positivamente nella costruzione narrativa e stilistica del film. Realistica: la riproduzione della vita carceraria con le visite di Tania, il secondino di Paulilatino con cui parlare in limba, l’addio toccante da Turi e dal fido Gustavo Trombetti (il bravo Fausto Siddi) che fu determinante per la salvezza dei quaderni; astratto-visionaria in cui si materializzano alcuni fantasmi quali la madre Peppina, la sorella Teresina, il compagno sovietico Bucharin. La dimensione (se vogliamo) onirica è meno convincente perché presenta alcune imprecisioni e forzature, per esempio l’attore che impersona il piccolo Gramsci parla un italiano corretto e senza inflessioni dialettali sfoggiando la fastidiosa agiografia del Nino alunno prodigioso (umanizzata dalla biografia di Giuseppe Fiori), altra imprecisione le sorelle Giulia e Tania Schucht hanno l’accento slavo e non russo. Inquietante e attinente al tema della dura prigionia è il sogno/incubo reale sul compagno di scuola ritardato mentale recluso in una porcilaia.
Una figura così densa, popolare e attuale avrebbe meritato più film (che i miseri due finora realizzati) e, comunque, va dato atto a quest’opera che - nonostante il budget ridotto – è riuscita a proporre un’idea di Gramsci, il pensiero, gli scritti, le sofferenze patite, il “cervello che non doveva funzionare” come autore più tradotto al mondo. Quel mondo grande e terribile che temeva e che lo ha riamato.
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