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Eloise. La figlia di D'Artagnan

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su Eloise. La figlia di D'Artagnan

di degoffro
8 stelle

Rec breve

Film d'avventura vecchia maniera spigliato, piacevole e agile, con personaggi ben definiti e non macchiettistici, conferma il felice eclettismo di un insolitamente rilassato Tavernier che, anche alle prese con un'opera di puro intrattenimento, l'unica della sua densa filmografia, mantiene una padronanza di linguaggio e un'eleganza di messa in scena invidiabili. In un coro smagliante ed intonato di voci maschili (sornione Noiret, irresistibile Proietti, canagliesco Rich, ispirato Sami Frey) bisogna riconoscere che Sophie Marceau si destreggia con classe e scioltezza. Un Tavernier leggero e divertito che omaggia con affetto, intelligenza e rispetto un genere classico del cinema, senza cedere a inutili scimmiottamenti, grossolane parodie o ridicoli tentativi di modernizzazione. Nel finale il regista regala persino un avvincente ed acrobatico duello, degno di "Scaramouche". Ironia, dinamismo, nostalgia e raffinatezza per un film baldanzoso ed energico, forse solo un tantino troppo lungo (nella parte centrale si avvertono segni di stanchezza e qualche ripetizione): se comunque sono questi i titoli minori, avercene. Spadaccino.

Voto: 7


Avrebbe dovuto dirigerlo Riccardo Freda (già peraltro autore de "Il figlio di D'Artagnan" nel 1950), poi estromesso dalla produzione per diverbi con la protagonista Sophie Marceau. Al suo posto è subentrato l'amico Bertrand Tavernier che al regista italiano aveva dedicato l'ottimo "Quarto comandamento". E l'esperienza su quel set tra cavalli, duelli e castelli deve essere servita a Tavernier anche per questo simpatico ed arguto divertissement che si apre con una sequenza di inseguimento nei boschi che ricorda molto una scena cruciale di "Quarto comandamento" (la caccia ad Arnaud, il figlio debole dello spietato protagonista, costretto a correre con indosso un'ingombrante veste femminile rosa). Arnaud era interpretato da Nils Tavernier, figlio del regista, che torna anche in questo film nei panni di un giovane poeta, innamoratosi perdutamente della protagonista al primo sguardo e non proprio abile con la spada, anzi abbastanza impacciato nelle tradizionali arti maschili dell'epoca (in questo senso vicino al personaggio interpretato in "Quarto comandamento"). E come in quel film, il cui titolo originale è "La passion Beatrice", in "Eloise" la protagonista è un'eroina coraggiosa e determinata. Le somiglianze però finiscono qui. Dove "Quarto comandamento" era cupo, opprimente, senza speranza, cruento, tragico, "La figlia di D'Artagnan" è frizzante, spiritoso, vivace, arioso, allegro. Anche Eloise, come Beatrice, ha vissuto per tanti anni lontano dal padre. Quando uno schiavo di colore, rifugiatosi per chiedere aiuto nel convento in cui la ragazza si trova, viene catturato da alcuni uomini al servizio del bieco Duca di Crassac e della ambiziosa dama in rosso, Eloise, di fronte al brutale omicidio della sua madre superiore, decide di raggiungere a Parigi il celebre padre, perché teme che ci sia un complotto contro il Re. D'Artagnan è ormai invecchiato ed impigrito, si limita a dare annoiate ripetizioni a giovanotti sul come colpire di spada e non ha alcuna intenzione di dare seguito alle parole della figlia, ai suoi occhi fin troppo sbarazzina ed intraprendente. Quando però Eloise, a causa della sua caparbietà e cocciutaggine, viene catturata dagli uomini di Crassac, il quale, abbagliato dalla bellezza della ragazza, vorrebbe pure sposarla, D'Artagnan, dopo avere scoperto che effettivamente Crassac ha in mente di uccidere il giovane sovrano per usurparne il trono, richiama in servizio i suoi vecchi compagni di avventura, sventa il complotto, libera Eloise  e ristabilisce l'ordine. Film d'avventura vecchia maniera spigliato, piacevole e agile, con personaggi ben definiti e non macchiettistici, conferma il felice eclettismo di un insolitamente rilassato Tavernier che, anche alle prese con un'opera di puro intrattenimento, l'unica della sua densa filmografia, mantiene una padronanza di linguaggio e un'eleganza di messa in scena invidiabili. In un coro smagliante ed intonato di voci maschili (sornione Noiret, irresistibile Proietti, canagliesco Rich, ispirato Sami Frey) bisogna riconoscere che Sophie Marceau si destreggia con classe e scioltezza. L'ex ragazzina de "Il tempo delle mele" è perfetta infatti nei panni della impertinente, tosta, audace e maliziosa Eloise (in due sequenze mette in mostra il suo prosperoso seno di fronte al quale, peraltro, il giovane spasimante Quentin si volta dall'altra parte del letto continuando imperterrito a dormire, in una delle sequenze più spiritose del film). L'anno successivo Sophie avrebbe girato con Mel Gibson l'epico "Braveheart". Clamoroso fiasco al botteghino invece per questo Tavernier leggero e divertito che omaggia con affetto, intelligenza e rispetto un genere classico del cinema, senza cedere a inutili scimmiottamenti, grossolane parodie o ridicoli tentativi di modernizzazione (si faccia il confronto per esempio con l'insulso "D'Artagnan" di Peter Hyams o l'infantile "I tre moschettieri" della Disney). Nel finale il regista regala persino un avvincente ed acrobatico duello, degno di "Scaramouche". Ironia, dinamismo, nostalgia e raffinatezza per un film baldanzoso ed energico, forse solo un tantino troppo lungo (nella parte centrale si avvertono segni di stanchezza e qualche ripetizione): se comunque sono questi i titoli minori, avercene. Scritto dal regista con Jean Cosmos e Michel Léviant da un'idea di Riccardo Freda ed Eric Poindron. 2 nomination ai César: per Claude Rich e per le musiche di Philippe Sarde.

Voto: 7+

 

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