Regia di Ugo Tognazzi vedi scheda film
Nel cinema italiano degli anni settanta, quando l’industria cinematografica era ancora in piena attività prima della disintegrazione degli ottanta, c’erano diverse categorie e serie con cui veniva identificato. Alla serie A apparteneva il cinema d’autore e le grandi commedie, alla serie B il cinema di genere: gialli, polizieschi, commedie sexy e affini. Nello specifico di ogni genere esisteva anche un sottogenere inferiore e più povero, come delle scatole cinesi, il concetto di produzione industriale e seriale applicato alla settima arte. Soffermandoci sulle commedie scollacciate o film comico-sexy e tanti altri eponimi, vigevano degli schemi fissi costituiti da storie pruriginose che attingevano dalla liberazione dei costumi sessuali italiani degli anni sessanta e soprattutto del post-68. Dietro non c’erano implicazioni ideologiche ma un naturale prolungamento della commedia italica con protagonista l’italiano medio e la sua repressione sessuale, l’uomo comune, meglio se provinciale, osservato nell’intimità e nelle ipocrisie coniugali e familiari.
Di questo genere, come voleva la logica mercantile dell’epoca, si raschiava il barile fino a rompere il fondo, Ugo Tognazzi grande maschera comica e tragica del nostro cinema, nel ’76 fece una sua personale incursione in quel campo, interpretando e dirigendo CATTIVI PENSIERI. La trama era la più classica di quei tempi: il facoltoso avvocato Marani lavora al servizio di un importante personaggio dell’alta finanza milanese, ha una bella moglie e quando nel ripostiglio del suo appartamento vede spuntare due piedi di uomo, sospetta il tradimento della giovane consorte, chiude dentro il malcapitato e parte con lei per le vacanze invernali. Al ritorno avrà una sorpresa.
Una commedia degli equivoci condita di erotismo e di humour milanese, girata con un certo gusto e scritta ancora meglio da Antonio Leonviola e dai milanesi doc Enzo Jannacci e Beppe Viola. Questi ultimi e Tognazzi si erano incontrati due anni prima in ROMANZO POPOLARE di Mario Monicelli, gran bella commedia meneghina scritta nei dialoghi dai due poliedrici artisti e interpretata dall’attore cremonese. I CATTIVI PENSIERI del titolo sono riferiti a quando lui decide di andarsene in giro con lei e sogna ad occhi aperti chi potrebbe essere l’amante, la moglie è interpretata dalla regina delle commedie softcore sopracitate, Edwige Fenech in tutto il suo splendore. Tognazzi si diverte a spogliarla e vestirla in tutte le salse offrendole probabilmente il ruolo più completo della sua indelebile (per almeno due generazioni di maschi) e assai monotona carriera (esclusi gli esordi da scream-queen nei gialli di Martino). Una pellicola bizzarra, per niente becera come erano invece le soldatesse e insegnanti varie dirette da Cicero, Laurenti e Tarantini; le tematiche erano sempre le stesse: i tormenti sessuali e le ossessioni erotiche unite (e qui sta la differenza) a una satira pungente sull’alta borghesia milanese e i suoi riti (quello della caccia in primis), le ipocrisie e i razzismi filtrati dalle ambientazioni nebbiose, da una sintassi mai piatta e da degli interpreti molto ben orchestrati da Tognazzi regista. Nel ruolo di Marani l’Ugo nazionale recita con scioltezza e facilità, sulla Fenech è stato già detto, nel ruolo dell’amante vero/presunto/immaginario troviamo il “poliziottesco” Luc Merenda e poi l’altolocato Massimo Serato e i simpatici Orazio Orlando e Paolo Bonacelli. Tra i cammei il figlio Ricky, il glorioso attore “lumbard” Piero Mazzarella, l’eclettico Beppe Viola anche grande giornalista sportivo, Mara Venier ante DOMENICA IN e l’odontotecnico prestato al cinema Guido Nicheli (scomparso poco tempo fa) che alcuni anni dopo esploderà nelle commedie vanziniane come prototipo inimitabile del baùscia.
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