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Son of Sofia

Regia di Elina Psikou vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Son of Sofia

di alan smithee
6 stelle

ARTEKINO FESTIVAL 2020

Nel 2004 delle Olimpiadi ad Atene, il decenne ucraino Misha ha la possibilità finalmente di raggiungere la ancor giovane e bella madre, da due anni in Grecia ove ha trovato un impiego presso una sartoria che produce peluches, e ove alloggia, nella confortevole e grande casa di un anziano militare scapolo e senza eredi diretti con la passione per la recitazione, a cui la donna apparentemente fa da badante ma che, scopriremo, ella ha in realtà sposato, senza tuttavia rivelarlo al figlio, in cambio dell0intestazione della casa al ragazzo.

Il mondo nuovo di Misha si divide tra l'impegno ad imparare velocemente la lingua greca a lui completamente estranea, spronato in questo dalle lezioni sin ossessive impartite dall'anziano, che tuttavia, pur deluso dei suoi ritardati apprendimenti, lo accoglie sempre più come un figlio, fino a fargli scoprire una sorta di cantina segreta ove sono nascosti tutti i cimeli del suo vecchio hobby di recitare favole per bambini, impersonando tutti gli animali coinvolti.

Il film, complesso e pieno di svolte narrative, divagazioni e complicazioni che la regista Elina Pyskou tuttavia riesce a gestire in modo apprezzabile, si concentra sul naturale spaesamento che induce il giovane ad una sorta di rassegnato mutismo, che si trasforma in un desiderio di farsi giustizia, e poi in un affetto tardivo e mal corrisposto verso quello strano anziano vecchio che pretende di inserirlo addirittura, e con fierezza, nel proprio albero genealogico.

Un film, interessante pur se un po' troppo ingarbugliato e sin eccessivamente lungo, che spazia dal dramma del complesso ambientamento del protagonista, alla pericolosa esperienza con un "Lucignolo" più adulto e smaliziato, toy boy e marchetta per uomini attempati e paganti, che lo conduce sino al rischio di una esperienza prematura di sessualità che sfiora la tematica della pedofilia, al racconto onirico in cui la situazione si trasforma in favola con la presenza degli amici animali antropomorfi, giunti in aiuto del giovane protagonista.

Ma al centro rimane il rapporto mancato tra un falso padre ed un figlio diffidente che tuttavia non si tira indietro dinanzi alla compassione che il vecchio, malato e infermo, impossibilitato a parlare, gli rivela con il semplice linguaggio dell'intesa visiva, complice e supplicante.

E' proprio nel rapporto tra un Misha diffidente ma sempre dignitoso nel dubbio che lo assilla, e la sua laboriosa, saggia ma opportunista madre, e poi con il vecchio uomo che voleva diventare suo padre, che il film si rivela più riuscito e potente, in grado di accendere le vere emozioni nello spettatore talvolta un po' disorientato dagli improvvisi cambi di registro narrativo.

 

 
 
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