Regia di Elina Psikou vedi scheda film
Misha ha quasi 11 anni quando si trasferisce con la madre in Grecia, dalla Russia; non solo cambiano l’ambiente e la lingua, ma la donna va anche a vivere in casa dell’anziano Niko, ex star della tv per bambini e ferreo anticomunista.
Elina Psikou aveva diretto il suo primo lungometraggio (The eternal return of Antonis Paraskevas) nel 2013, lasciando una buona impressione di sé; nel 2017 torna sul grande schermo con questo dramma psicologico intenso e venato di deliranti atmosfere fantasy, sostanzialmente approdando in territori grotteschi. Il ‘figlio di Sofia’ del titolo è il protagonista, l’undicenne – o quasi – Misha, bambino russo trapiantato in terra greca e, suo malgrado, costretto in casa di un nuovo papà avanti con gli anni, che non ha nulla in comune con lui e che non può in alcun modo piacergli. La vivace mente del piccolo comincia a partorire incubi e progetti sanguinari che il destino non fa che assecondare, dandogli più che una semplice mano. Inquietante sottotraccia come il precedente titolo della regista, ma dotato di un maggior ritmo e di interessanti dinamiche psicologiche, Son of Sofia mostra probabilmente il fianco nella costruzione narrativa che impiega fin troppo tempo a portare lo spettatore nella dimensione quotidiana dei protagonisti (la prima metà del film, da questo punto di vista, è pressoché inutile); anche il climax finale può lasciare insoddisfatti o addirittura indispettiti per la mancante effettiva risoluzione della trama. Valery Tscheplanowa, Thanasis Papageorgiou e il piccolo Victor Khomut sono i tre interpreti principali, tutti ben in parte. 6/10.
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