Regia di Otto Preminger vedi scheda film
Mirabile prova di regia e sceneggiatura, che si tiene perfettamente in equilibrio tra due contrastanti versioni della verità: la piccola Bunny Lake esiste o forse no, ed entrambe le possibilità sono ugualmente sostenibili. Nel primo caso, la follia è il carattere proprio degli eventi, in grado di far sparire una bambina senza lasciare traccia; nel secondo caso, è invece un talento della psiche di una ragazza madre, che riesce a costruire coerentemente una storia, un ricordo, un dolore, intorno ad una persona puramente immaginaria. Il dramma, comunque, appartiene tutto a lei, alla giovane protagonista Anna, perché è comunque disumano restare tenacemente attaccati ad una realtà che gli altri considerano incredibile: infatti per nessuno, né per gli inquirenti, né per le maestre dell’asilo, né per gli altri potenziali testimoni, c’è prova alcuna del passaggio di sua figlia in questo mondo. In assenza di riscontri concreti, la personale lotta della donna contro l’altrui scetticismo percorre dunque il funambolico cammino del confronto tra due ipotesi, che la ragionevolezza vuole, però, entrambe perdenti. La soluzione, dovendo sciogliere un paradosso, non può che affidarsi alla doppiezza della schizofrenia, alla malattia in cui gli opposti convivono, in maniera simmetrica e paritaria, ponendo sullo stesso piano una bambola ed una creatura in carne e ossa, la purezza dell’amore fraterno e la torbidità di una passione proibita. In Bunny Lake è scomparsa, Otto Preminger attinge da Hitchcock e Lang l’idea che la risposta ultima, di fronte alla sinistra incomprensibilità dei fatti, si trovi, sempre e comunque, nel misterioso abisso dell’animo umano.
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