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Bunny Lake è scomparsa

Regia di Otto Preminger vedi scheda film

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La recensione su Bunny Lake è scomparsa

di degoffro
8 stelle

Disturbante ed inquietante thriller psicologico diretto con estrema eleganza e gran senso della suspense da Otto Preminger, vecchia volpe del cinema noir. Tratto dal romanzo di Evelyn Piper, sceneggiato da John e Penelope Mortimer (guarda caso fratelli!) il film è sviluppato come un agghiacciante e spesso insostenibile incubo, popolato da personaggi strani, ambigui e misteriosi (il padrone di casa signor Wilson, un presunto poeta fuori di testa che colleziona oggetti particolari come maschere africane o la frusta del marchese De Sade; la signora Forbes, criptica inquilina dell'appartamento posto sopra l'asilo, che ha l'abitudine di ascoltare le voci dei bambini, registrate su nastro; una cuoca tedesca isterica e decisamente poco materna; un costruttore di bambole quantomeno bizzarro). Preminger ha la straordinaria abilità di suscitare nello spettatore l'autentico dubbio che forse Bunny Lake, la piccola di cui si sono perse le tracce e che nessuno sembra conoscere, a parte la disperata madre e il di lei fratello, non sia mai esistita e che tutto sia frutto della fantasia deviata e disturbata di una ragazza single e sola ("Non sono sposata e non lo ero..."), per lo più in un paese sconosciuto (da poco si è trasferita a Londra da New York), che fin da piccola aveva l'abitudine di crearsi immaginari personaggi di gioco. Con l'aiuto del fratello Steve (Keir Dullea, l'astronauta di Kubrick) con il quale ha un rapporto morboso, un legame fortissimo e poco naturale, quasi coniugale (Steve tiene nel portafoglio una foto della sorella come se fosse sua moglie) Ann Lake (una intensa e struggente Carol Lynley) madre lacerata dai rimorsi e dai dubbi "non dovevo lasciarla sola nella stanza del primo giorno con un bambino di pochi mesi", donna distrutta e stravolta, incapace di fare credere alla polizia che ha davvero una figlia, si mette alla forsennata ricerca di qualsiasi elemento o persona (le viene chiesta una lista di chi possa conoscere la piccola Bonnie) che diano conferma, in qualche modo, agli altri che quanto afferma è vero. Un intelligente e comprensivo ispettore di polizia di Scotland Yard (un magistrale Laurence Olivier, imperturbabile, grigio, dimesso, quotidiano, sotto tono come giustamente richiede la parte e lo stesso attore, alla fine delle riprese, si meravigliava del fatto che il regista Preminger fosse riuscito a tenere a freno la sua vena istrionica e a tratti gigionesca) cerca di sbrogliare la matassa. Figlio di un poliziotto che più volte aveva cercato di distoglierlo dallo svolgere la sua stessa professione ("Non avrai un amico e non ci sarà più essere umano che vorrà rivolgerti la parola" gli ripeteva) l'ispettore Newhouse interroga, investiga, si mette nei panni della bambina per pensare come lei e cercare di capire cosa avrebbe potuto fare in quella condizione, ma non riesce a trovare alcun indizio. La soluzione sarà sconvolgente per Ann, ma non del tutto imprevedibile per lo spettatore, anche se la sequenza in cui il colpevole si rivela, con quel sorriso isterico e diabolico, in tutta la sua follia e doppiezza mette davvero i brividi. Sulla falsariga di "Psycho", non a caso gli efficacissimi titoli di testa (una inquietante mano che "strappa") sono firmati dal grandissimo Saul Bass, un viaggio allucinante e sconvolgente nella psiche deviata e malata di un uomo, all'apparenza angelico e premuroso, in realtà diabolico e completamente disturbato. Preminger ha il coraggio di affrontare con febbrile audacia e fortissima intensità psicologica temi scabrosi ed ostici per l'epoca come figli illegittimi, incesto, aborto, sequestro di bambini (il film è stato in effetti vietato ai minori di 14 anni), crea una tensione sottile ed insinuante ("Questa gente vuole che sia contenta, che stia bene.."), crescente e vibrante (il finale alla casa è da cardiopalma e mette diversi brividi per come descrive dettagliatamente e quasi analiticamente la deviazione di una mente folle), si conferma abilissimo direttore di attori, non nasconde una comprensibile e purtroppo sempre attualissima preoccupazione sul ruolo e la difficoltà di essere genitori ("I bambini sono alla mercé dei loro genitori che, nella maggior parte dei casi, sono poco raccomandabili" dice un personaggio). Forse alcuni passaggi sono forzati (la fuga dall'ospedale di Ann è troppo facile, il finale, pur tesissimo, è eccessivamente diluito) ma "Bunny Lake è scomparsa" resta un signor thriller, di quelli da cui i registi moderni avrebbero solo da imparare.
Voto: 7 e mezzo.

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