Regia di Mauro Bolognini, Mario Monicelli, Antonio Pietrangeli, Luciano Salce vedi scheda film
I film a episodi uscivano a raffica negli anni Sessanta, spesso formati da segmenti con uno o più attori celebri attorno ai quali ruotava il racconto, e diretti da registi importanti, che realizzavano così un minifilm, lungo meno di mezz'ora. Ci sono passati quasi tutti i più importanti, da Fellini a Monicelli, da Scola a Risi, ed infatti qua abbiamo quattro composizioni che raccontano di donne devastanti quanto fascinose: nel primo (di Salce) Enrico Maria Salerno raccoglie per strada la bella svampita Monica Vitti, che gli dice di star fuggendo da un molestatore, ma la realtà non è esattamente quella raccontata dalla donna; nel secondo (di Monicelli) un medico interpretato da Gastone Moschin si incapriccia di una bellissima ragazza, che ha la sensuale presenza di Claudia Cardinale, che gli presenta il figlioletto che, però, ha sempre connotati differenti; nel terzo ( di Bolognini), Jean Sorel va a trovare l'amico che ha sposato la bellissima Raquel Welch, tra i due è attrazione fulminea, e riescono a prendersi, nonostante il poco tempo e le scarse possibilità di rimanere da soli; nell'ultimo, quello più lungo ( di Pietrangeli), Alberto Sordi è un cameriere impeccabile, che durante una festa finisce nel letto con una signora ubriaca, salvo scoprire, il giorno dopo, che è la moglie dello studioso che l'ha appena assunto. Delle quattro parti, se la prima è appena gradevole, ma ha poco succo, la terza, la più breve, ha vaghi allacci con lo spirito boccaccesco, ma è molto insulsa; la seconda, in cui sorge una sorta di malinconia nella conclusione, in cui l'uomo, che ha realizzato la fallacità della propria passione per una donna sfuggente e senza radici, mette al juke-box la canzoncina scema che gli ricorda lei, e l'ultima, la migliore, è quella che ha sia più fiato a livello narrativo, che attenzione nella scrittura, ed i due personaggi principali hanno più spessore, anche grazie alla buona prova di Sordi e di Capucine.
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